Alla scoperta del vischio

Nel ponte di Sant’Ambrogio sono stata a Vienna, meravigliosa citta’ imperiale, dagli splendidi palazzi bianchi, e, sotto Natale, accesa da mille luminarie eleganti. Una cosa mi ha colpito fin dal mio arrivo: la maggior parte degli alberi, almeno quelli non potati in forma, rivelano, nella loro chioma spoglia, grandi sfere verdi attaccate ai rami. Vischio, ho pensato! Da quanti anni non mi capitava di vederlo e simile quantita’! Pianta augurale per eccellenza nella tradizione nordica, ma ormai anche per noi, che da tempo lo acquistiamo per ornarne anche le nostre case nel periodo natalizio, e’ ampiamente diffusa in Europa, dal Portogallo all’Iran, dalla Scandinavia fino in Italia.

Viscum album e’ il nome della specie piu’ comune, attribuitogli da Linneo nel 1753: appartenente alla famiglia delle Viscaceae (o Santalaceae secondo un’altra classificazione), e’ una pianta sempreverde epifita ed emiparassita di molti alberi, sopratto latifoglie come meli, noci, olmi, tigli, pioppi e querce, ma anche conifere dal legno dolce, come il pino silvestre. Epifita, ovvero che cresce su altre piante; emiparassita, ovvero un semi-parassita, e dopo vedremo perche’. In Italia, come pure nelle zone temperate dell’Europa centrale e balcanica fino al Caucaso, e’ diffusa anche un’altra specie, Loranthus europaeus, catalogata nel 1762, apaprtenente alla famiglia della Loranthaceae. E’ detta vischio quercino, poiche’ cresce su molte specie di querce, oltre che su castagni e ulivi, nelle nostre zone collinari e montuose, sino 1100 metri di altidudine, Sardegna esclusa.

Di aspetto il vischio (Viscum album) lo conoscete: ha foglie oblunghe, durette, inserite a coppie lungo i rami, e bacche bianche o giallastre, traslucide, gelatinose, che si formano da piccoli fiori giallo verdognoli, unisessuali, giallo-verdognoli, riuniti in spighe o racemi.

In passato, il loro succo vischioso veniva usato per preparare colle con le quale cospargere i rami per catturare gli uccellini.

Le bacche sono tossiche per l’uomo (ma anche per cani e gatti), a causa della presenza di viscumina, che provoca l’agglutinazione dei globuli rossi, e di alcuni peptidi, ma non per gli uccelli, che se ne cibano e le disperdono. Anzi, le bacche non riescono a germinare se non passano attraverso il loro stomaco e intestino, i cui enzimi ne modificano lo strato protettivo che le avvolge. Quando cadono sugli alberi, nelle intercapedini dei rami, le bacche iniziano a germinare. Ma attenzione: il vischio effettua la fotosintesi, ma non e’ in grado di assorbire azoto e altri sali minerali necessari; infatti non produce un apparato radicale vero e proprio, bensi’ una protuberanza, una sorta di cono, detta austorio, che penetra nei vasi linfatici della pianta ospite, e ne sottrae la linfa grezza (formata da acqua e sali minerali, fra cui soprattutto azoto, assorbiti dal terreno attraverso le radici) e da qui la definizione di “emiparassita”. Solo in questo modo, il baby vischio riesce a sviluppare un piccolo tronco legnoso e la chioma, che puo’ arrivare a 1 metro di diametro.

Le bacche che invece cadono a terra muoiono. La pianta ospite non risente granche’ della presenza del vischio, a meno che quest’ultimo non si sviluppi in grande quantita’ e l’albero non sia molto giovane o in senescenza. In Austria, in Romania e in altri Paesi nordeuropi hanno deciso da tempo di lasciarlo libero di crescere, nei boschi e perfino nei parchi urbani: gli alberi di Vienna e in particolare la collezione di meli dell’Orto botanico dell’Universita’ (interessante anche in inverno per le collezioni arboree) ne sono infatti pieni, anche perche’ e’ favorito dal clima freddo.

Leggende e tradizioni. Pero’ popolazioni celtiche, che lo chiamavano oloaiacet, era considerato, assieme alla quercia, una pianta sacra, dono degli dei, capace di allontanare disgrazie e malattie. Da qui l’abitudine di considerarlo di buon augurio durante il periodo natalizio e, in particolare in Scandinavia, di baciarsi sotto il vischio la sera del 31 gennaio. Tuttavia, secondo gli studi, anche Viriglio lo cita, nell’Eneide (vv. 133-141): nella discesa di Enea nell’oltretomba, la Sibilla cumana gli ordina infatti di trovare un “ramo d’oro”, identificato nel vischio, per placare le divinita’ degli inferi.

Per quanto ami tanto questa pianta beneaugurante, da anni mi guardo bene dal comprarne un cespo: ho infatti due cani e due gatti, e, come ho scritto prima, le sue bacche sono per loro molto velenose.

 

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