Larix decidua e molte altre specie

È in assoluto la mia conifera preferita, perché una delle pochissime non sempreverdi che, lo confesso, mi annoiano un pochino. Il larice, invece, essendo deciduo, cambia aspetto durante l’anno: adoro il suo verde tenero dei nuovi aghi in primavera, il verde un po’ più intenso ma sembre brillante in estate, e il giallo dorato che acquista in autunno. Amo molto il portamento elegante e leggero dei suoi rami, ma mi piace anche in inverno, quando, una volta spoglio, rivela la grazia delle sue piccole pigne (coni o strobili), che rimangono sulla pianta negli anni, tant’è che si distinguono con facilità quelle più nuove, di un luminoso marroncino, da quelle degli anni precedenti, grigio scuro.

Il larice, o larice comune, (Larix decidua), appartenente alla famiglia delle Pinaceae, raggiunge i 30 metri di altezza (quindi è un albero di I grandezza). Nativo dell’Europa orientale fino alla Siberia e diffuso in montagna fino ai ghiacciai, è, come potete immaginare, estremamente rustico (-40 °C). Per essere precisi, è l’unica conifera decidua della flora selvatica italiana. È una specie eliofila, ovvero predilige i luoghi bene esposti, e vuole climi  caratterizzati da inverni asciutti, freddi e nevosi; preferisce i terreni profondi e soffici, argillosi e calcarei, ma si adatta a qualsiasi terreno, purché ben drenato, anche morenico e magro.  È l’albero che cresce alle quote più elevate, colonizzando anche i terreni spogli, i ghiaioni e i luoghi rocciosi. Sulle Alpis i associa spesso con l’abete bianco (Picea abies) e il pino cembro (Pinus cembra), ma dove il bosco lasciando il posto alle praterie alpine, se ne incontrano facilmente piante isolate, deformate dalla neve e dal vento.

Un po’ di botanica. A crescita rapida, il larice comune presenta la corteccia inizialmente liscia verde bruno, poi grigia con squame; gli aghi sono brevi, piatti e sottili, morbidi e non pungenti: sono riuniti in fascetti di 20-40, sui rami corti (brachiblasti) e a spirale intorno ai rami lunghi (macroblasti). È specie monoica e dunque porta sulla stessa pianta fiori maschili e femmini: i primi, minuscoli, globosi, giallastri, portati da piccoli coni penduli; quelli femminili, sempre minuscoli, sono ovoidali, eretti, riuniti in piccole pigne rosse, che, una volta impollinate, diventano marroncine, con squame sottili. Ciascuna protegge una loggia, nel quale si formano due semi alati, bruni e lucidi, che poi cadono a terra.

Come coltivarlo. Ovviamente va utilizzato soltanto nei climi freddi e in spazi adeguati alla sua futura mole.

Le altre specie. Attenzione: Larix decidua non è affatto l’unica specie del genere Larix! Ne sono state individuate infatti 10 o 15, tutte esotiche: nordamericane (L. laricina, L.lyallii, L.occidentalis, che raggiunge anche i 65 metri di altezza); asiatiche con brattee dei coni corte (Larix sibirica, L. gmelinii, Larix kaempferi, L. principis-rupprechtii); specie asiatiche con brattee dei coni lunghi (Larix potaninii, Larix mastersiana, Larix speciosa, cinesi; Larix himalaica e Larix griffithii, che vivono nelle zone montuose dell’Himalaya.

In particolare, Larix kaempferi (larice giapponese), di origini giapponesi, è alto fino a 40 metri, è caratterizzato da portamento non piramidale e un po’ disordinato. Gli aghi sono glauchi e i rami più grandi hanno la corteccia grigiastra. Viene oggi guardato con interesse perché resiste al cancro del larice. Larix sibirica (larice siberiano o larice russo), originario della Russia settentrionale, dalla Siberia fino alla Finlandia, raggiunge i 20-50 metri di altezza. La chioma è inizialmente conica, poi si allarga. I rami giovani sono lanuginosi, gli aghi verde brillante. In natura, si ibridizza facilmente con L. gmelinii, diffuso in Siberia orientale fino all’Oceano Pacifico.

 

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