Mi stavo laureando in Scienze Agrarie, quando Daniele Zanzi, dottore agronomo con il piglio e il baffo da Moschettiere del Re, titolare dell’azienda di realizzazione e manutenzione dei giardini FitoConsult, di Varese, ha iniziato a portare in Italia le nuove conoscenze in fatto di Arboricoltura, invitando a parlare personaggi del calibro di Alex Shigo e Klaus Matteck, e, con loro, il tree climbing, un insieme di tecniche volte alla cura degli alberi (potature, messa in sicurezza, consolidamento, biostimolazione, cure antiparassitarie, abbattimento controllato) nel rispetto dell’ambiente e delle piante. A Daniele Zanzi dobbiamo dunque moltissimo: grazie a lui si sono formati anche in Italia i moderni arboricoltori e tree climbers, novelli Baroni Rampanti che uniscono l’agilità, la forza e il briciolo di pazzia di un rocciatore free climber, le conoscenze di fisiologia, botanica, patologie degli alberi di un agronomo e di botanico, e la sensibilità di un elfo del bosco.
Da allora, nonostante gli scempi – le potature orrende e assassine – ai quali assistiamo ancora, diversi passi in avanti sono stati compiuti e molte persone oggi affidano i loro alberi alle cure di questi professionisti. Tra questi ultimi, l’amico Stefano Lorenzi, arboricoltore certificato SIA (Società Italiana di Arboricoltura), istruttore di di Tree climbing e abbattimento controllato presso la Scuola Agraria del Parco di Monza, e, non da ultimo, sommelier. Grande appassionato del nostro territorio (a lui dobbiamo tre itinerari speciali Andar per Cantine), Stefano parla di alberi attraverso il suo sito (https://www.arboricoltorestefanolorenzi.it) , il suo blog https://animeadanelli.wordpress.com e la sua pagina Facebook Stefano Lorenzi, che vi raccomando di seguire se volete saperne di più su questo importante argomento. Qui sotto, intanto, un suo scritto in cui racconta l’emozione nel lavorare su una grande, bellissima quercia sofferente (ammiratela nelle foto) e la bellezza dell’incontro con persone iluminate (ce ne fossero nelle nostre Amministrazioni comunali…): leggendo il quale capirete lo spirito e la passione con cui lavora.
La Quercia di Poggio Al Vento, di Stefano Lorenzi
»Da arboricoltore, ogni albero che incontro mi offre l’opportunità di dare valore alla mia idea che prendersi cura del nostro mondo è affar di tutti e che quindi ognuno di noi, con la propria sensibilità, può contribuirvi.
Certo, amando il mio lavoro, sono propenso a metterci “l’occhio della speranza”, ma in effetti di alberi unici, di “storie verdi” dal sapore genuino e virtuoso, e di persone che le rendono realtà, incrociando vissuti, passioni, cultura e territorio, se ne trovano, eccome. E questo mi dà fiducia nel continuare a credere che il Bello esista ancora.
Oggi vi racconto di un nuovo stupore, vissuto grazie al mio amico Francesco Ferrini, professore di Arboricoltura presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Firenze (al quale dedicherò uno spazio speciale in questi miei racconti, perché anche lui è “un’anima ad anelli“, che val davvero la pena far conoscere), che ha creato il contatto per questo magico incontro e nuovo lavoro.
Per come è andata poteva iniziare così…
“C’era una volta una grande quercia che cresceva nella terra di un conte, un luogo molto bello, dove, incastonati in un paesaggio naturale ricchissimo, meravigliosi vigneti curati da saggi offrivano un vino prestigioso. Una grande Quercia dominava e vegliava da molti anni questa terra, fiera custode di una sapienza antica. Da qualche tempo, però, la maestosa anima era sofferente, per cui furono chiamati i migliori esperti per capire il da farsi”…eh sì perché a me, da arboricoltore e sommelier, come potete immaginare, essere interpellato per questo lavoro è sembrata una favola…
Questa quercia infatti esiste davvero: è la famosa Quercia di Poggio Al Vento, una roverella (Quercus pubescens) di 300 anni di età, che domina fieramente il territorio dell’Azienda Col D’Orcia di Montalcino. Di proprietà del conte Francesco Marone Cinzano e dei figli Sean e Santiago, e gestita dall’agronomo Giuliano Dragoni, comprende il vigneto che dà il nome a uno dei Cru di Brunello più prestigiosi del panorama enologico nazionale.
Il conte Marone Cinzano e il dottor Dragoni gestiscono questa importante realtà produttiva con mentalità manageriale, molta attenzione e sensibilità: il loro successo si fonda infatti sulla consapevolezza che l’anima dell’azienda vitivinicola è composta anche dall’ambiente, dal territorio e dalla cultura che la circondano, e sul loro considerare la terra non come una risorsa da sfruttare bensì quasi un “partner” con cui lavorare. Ecco il perché della loro dedizione e attenzione, oltre che per il vigneto, per la roverella secolare, testimone di un patrimonio che va molto oltre il valore del vino e dell’azienda.
Mi sono quindi buttato a capofitto nell’esaminare il grande albero sofferente, con la voglia di scoprire cosa gli fosse accaduto e come contribuire, con la mia specializzazione, a farlo star meglio. Alta 15 metri, la quercia ha un tronco possente, con 2 metri di diametro alla base e 25 metri di diametro di chioma. Le ultime 10-12 stagioni, molto calde e poco piovose ne hanno però messo a dura prova la salute, come dimostravano i numerosi cimali secchi e la diffusa microfillia (cioè molte più foglie piccole di quanto è normale) su diverse branche. La posizione della pianta, all’incrocio di due stradelli sterrati, oltrettutto, non l’aiuta di per sé a usufruire dello strato di humus di superficie che, quando piove forte, viene lavato via dall’acqua, che si incanala sotto la chioma, lungo gli stradelli.
Fatta l’anamnesi, la presento con le mie osservazioni al dott. Dragoni, ormai diventato Giuliano, e mi accorgo che “parliamo la stessa lingua”: accetta totalmente i miei consigli, nonostante sia molto competente in agronomia, ma, in quanto tale, sa che gli alberi sono un altro mondo rispetto al vigneto. Mi così viene affidato l’incarico, cosa che mi rende felice ed orgoglioso.
Mettere a disposizione la mia competenza professionale a persone così culturalmente illuminate in materia di Terra non fa che supportare e irrobustire l’attesa dell’emozione che so già proverò nel salire sulla Quercia. Mi attende un privilegio unico, a cui mi preparo sentimentalmente e con una dedizione quasi sacrale: e quel momento non mi delude…è l’attimo in cui, una volta giunto tra le fronde, il mio sguardo “buca” dall’interno la chioma del grande albero e si posa sulla distesa di vigne. Insomma…sai di essere su una pianta mitica grazie al tuo lavoro e di guardare da un punto esclusivo il vigneto che produce un vino tra i più prestigiosi ed apprezzati al mondo…Non temo di esagerare nel dirvi che l’emozione è stata intensa e ogni volta che ci ripenso mi ritrovo a sorridere di nuovo di felicità. Di certo questa esperienza ha aggiunto un anello robusto e significativo alla mia anima e non lo dimenticherò mai.
Potete trovare i dettagli tecnici sul mio sito (https://www.arboricoltorestefanolorenzi.it) qui mi limito a elencare alcuni passaggi del lavoro per farvi intuire che questo è un lavoro complesso e articolato, che non ha niente a che vedere con le potature-decapitazioni che si vedono ancora effettuare nelle città.
Con i colleghi decidiamo questa serie di interventi: potatura in tree climbing sui rami secchi, che obbiettivamente potrebbero essere pericolosi per chi passeggia in questi luoghi; tagli a corona (che assomigliano a una rottura spontanea del ramo) per lasciare alla grande quercia un aspetto naturale a lavoro concluso e continuare a dare albergo a insetti e microrganismi utili; una biostimolazione radicale, ovvero un inoculo nel terreno di sostanze biologiche e naturali che favoriscano l’attività radicale, come funghi simbiotici e attivatori della flora e fauna ipogea.
Il giorno dell’esecuzione dei lavori siamo tutti emozionati, è una giornata leggermenteventosa, ma con un sole meraviglioso che rende piacevole l’arrampicarsi e lavorare. Sorrido soddisfatto e respiro a pieni polmoni. Questa è VITA! Esattamente per questa EMOZIONE val la pena metterci tanta PASSIONE e IMPEGNO in questo lavoro.
La potatura è riuscita molto bene e, sperando in un inverno piovoso, in primavera la Quercia di Poggio Al Vento risulterà molto più bella e in salute. È venuto a sincerarsene, a lavoro finito, anche il conte e trovare una persona così importante tanto emotivamente e sinceramente legata a un albero, è stato il coronamento di una giornata costruttiva e “vera”. Quel giorno, nonostante la mia carriera decisamente avviata e ricca, ho percepito di essere ulteriormente cresciuto come professionista e come individuo.
Spero sempre più un mondo popolato di alberi….e di persone così!!»
Grazie di cuore, Stefano, per queste tue parole, il tuo entusiasmo, la tua professionalità, la tua generosità!
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