Chi di voi, da bambino, non ha abbracciato un albero sentendosi improvvisamente al sicuro? Chi non si è sentito più leggero e felice dopo una lunga passeggiata in un bosco? E chi, che vi abbia dormito anche solo una volta, in tenda o in un rifugio, non ha percepito, al risveglio, una sensazione di pace e una profonda – forse mai provata prima – unione con Madre Natura? Eh già…del resto, senza saperlo, avete praticato la cosiddetta “silvoterapia”, oggi considerata un vero e proprio metodo terapeutico di cura e prevenzione delle malattie attraverso il contatto ravvicinato con gli alberi. Un ritorno alle nostre lontane origini, dopo tutto, il cui valore scientifico è stato riconosciuto ufficialmente nel 1927, ma i cui benefici sono noti da secoli (non a caso anche in passato ai malati di bronchi e polmoni veniva suggerito di trascorrere del tempo nei boschi, meglio se di conifere, per le proprietà balsamiche della loro resina). Oggi però abbiamo le spiegazioni scientifiche del perché perché respirare l’aria di un bosco, ricca di ioni negativi di ossigeno, faciliti la respirazione nei malati di asma bronchiale e bronchite cronica, attivi la circolazione sanguigna e riduca l’ipertensione, aumenti il numero di globuli rossi, favorisca il sonno, riduca il nervosismo, aiuti a ritardare l’invecchiamento, porti innegabili benefici alla sfera psichica ed emozionale. Tutti importanti motivi più che validi per frequentare i boschi, anche se, sì, anche se, per quel che mi riguarda, ai vantaggi medici preferisco lasciar prevalere l’incanto e la meraviglia nel sentire, per esempio il fruscìo delle foglie calpestate in autunno, i canti degli uccelli indaffarati mentre la natura si risveglia e fra l’erba spuntano viole, anemoni bianchi e azzurri e tanti altri piccoli fiori..la sorpresa di un battito d’ali e di uno schiocco improvviso, del suono leggero di un ruscello, di movimento repentino di una qualche creatura selvatica che scappa via spaventata, di un fascio di luce che si apre un varco fra le chiome più fitte. E il piacere di ritornare bambini, a caccia di castagne e mirtilli, mentre tornano alla mente stralci di fiabe amate e dimenticate, di fate, folletti e streghe, di mele avvelenate e rovi inestricabili.
In Italia, a questo proposito, siamo fortunati: di boschi ne abbiamo davvero tanti, bellissimi e antichi: la nostra superficie forestale è infatti di 10.467.533 ettari, pari al 34.7 per cento della nazionale. Le regioni più densamente boscate sono Liguria e Trentino (con una copertura, rispettivamente, del 62.6 e del 60.5 per cento del loro territorio), quelle meno Puglia (7.5 per cento) e Sicilia (10 per cento; ma attenzione: sono stati i Romani a disboscarla). I boschi italiani sono composti per il 68 per cento da latifoglie, per il 13.5 per cento da conifere, e per il 9.7 per cento da conifere e latifoglie. Le tipologie forestali più diffuse fra i boschi di latifoglie sono i querceti di rovere, roverella e farnia, le faggete, e i querceti di cerro, farnetto e vallonea. Tra i boschi di conifere, i più diffusi sono quelli di abete rosso, i boschi di larice e cembro, le pinete di pino nero, laricio e loricato e le pinete di pini mediterranei (2.6%). Infine, solo il 7.6 per cento dei nostri boschi si trova all’interno di parchi nazionali e il 6.7 per cento in parchi naturali regionali.
Da nord a sud, eccone a voi una piccola carrellata dei più belli, importanti ma anche forse meno noti. Su Alpi e Appennini non vi è che l’imbarazzo della scelta, ma alcune formazioni forestali sono particolarmente preziose. In Valle d’Aosta, per esempio, c’è il Bosco della Thuile, formato da abeti bianchi: nonostante la presenza degli impianti sciistici, conserva molte sue caratteristiche originarie, fra cui, alle quote inferiori, la fioritura, all’inizio dell’estate, dell’orchidea macchiata (Dactylorhiza maculata), rara e protetta. Condiviso con il Piemonte, il Parco Nazionale del Gran Paradiso è ricco di boschi di larici, praterie, boschi di latifoglie composti da pioppo tremulo (Populus tremula), nocciolo (Corylus avellana), ciliegio selvatico (Prunus avium), acero montano (Acer pseudoplatanus), quercia (Quercusspp.), castagno (Castanea sativa), frassino (Fraxinus excelsior), betulla (Betula spp.), sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia). I boschi di faggio (Fagus sylvatica), in una fascia tra gli 800 e i 1200 m, si trovano soltanto sul versante piemontese.
In Piemonte, vi aspettano il Bosco di Salbertrand, all’interno dell’omonimo parco naturale, sulla destra della Val di Susa, caratterizzato da pregiate abetine e destesi larici-cembreti; il Bosco e le Rocche del Roero, nel Monferrato, e il Bosco delle Sorti, a Trino (VC), che si sviluppa, in modo frammentario, fra i vigneti di vini di grande pregio, seminativi e prati stabili: ècomposto in prevalenza di roverella (Quercus pubescens) e cerro (Quercus cerris) nelle zone di crinale e nelle esposizioni più calde, e da rovere (Quercus petraea) e castagno, accompagnati talvolta dalla farnia (Quercus robur), in quelle più fresche.
In Lombardia, oltre ai boschi all’interno del Parco nazionale dello Stelvio e del Parco del Ticino, troverete la Foresta Regionale della Valsoda, uno dei boschi più selvagge della regione, al confine con la Svizzera, le oasi Bosco Villoresi (Carugate, Milano), di Zivido (San Giuliano Milanese), di Suzzarra (Mantova), il Bosco Fontana, nell’omonima riserva naturale, nei pressi di cremona, e, nella stessa provincia, seppur ancora giovane, il Bosco Didattico, venticinque ettari di alberi, arbusti ed erbacee tipiche della Pianura Padana.
In Veneto, vi aspetta la meravigliosa Foresta Demaniale del Monte Baldo, a 600-700 metri di quota: è costituita fondamentalmente da roverella nelle zone asciutte e soleggiate e da carpino nero (Ostrya carpinifolia) sui versanti più umidi e freschi. Nelle zone più aride e su versanti ripidi e scoscesi, prevale il leccio (Quercus ilex), associato spesso con l’ilatro (Phillyrea latifolia) e l’alaterno (Rhamnus alaternus); dove invece il suolo è moderatamente acido si incontrano alcuni castagneti da frutto e, sulla fascia superiore la faggeta, unita ad uno strato arbustivo con il nocciolo, il viburno lantana (Viburnum lantana), la Rosa canina e altre specie arboree quali abete bianco e rosso (Picea abies e Abies alba), l’acero di monte (Acer pseudoplatanus), il sorbo degli uccellatori, il sorbo montano e il ciliegio selvatico.
Grandi boschi, perlopiù di conifere, si estendono in tutto il Trentino-Alto Adige, in particolare all’interno dei tanti parchi naturali che caratterizzano la regione (Adamello-Brenta, Tre Cime, Stelvio, Gruppo di Tessa, Monte Baldo, Sciliar), come pure sulle montagne del Friuli-Venezia Giulia, per esempio nel Parco delle Prealpi Giulie, nella Riserva Rio Bianco, ma soprattutto, ai piedi delle Alpi Giulie, dove si estende la spettacolare Foresta di Tarvisio, la più grande area boschiva demaniale d’Italia, parchi esclusi: oltre 15 ettari di boschi, di cui si hanno le prime notizie nell’anno mille, formati da faggi secolari, abeti bianchi, abeti rossi (il cui legno particolare è utilizzato per costruzione di violini e altri strumenti musicali di pregio), pini larici, fino a ai rododendri e ai mughi oltre i 1.700 metri di quota. Una delle aree naturalistiche più preziose e ricche di biodiversità d’Italia.
In Liguria, non perdetevi il Parco dell’Antola, nell’entroterra di Genova: un’area protetta dalla notevole varietà di ambienti, con valli e vette panoramiche, boschi, pascoli e radure, versanti rocciosi a strapiombo, corsi e bacini d’acqua, e, nei prati, in maggio, le fioriture di narcisi, arnica, botton d’oro e altri fiori selvatici.
In Emilia Romagna si trova lo strepitoso il Gran Bosco della Mesola, una riserva naturale in provincia di Ferrara, che costituisce uno degli ultimi e meglio conservati boschi planiziali tipici della Pianura padana e memoria delle antiche foreste adriatiche. Caratterizzato dalla presenza di antiche dune, ancora oggi riconoscibili, e da una grande zona umida ricostruita, è un ambiente molto suggestivo, dai tratti in parte acquatici, ricco di pini domestici (Pinus pinea), salici pioppi, lecci e, verso l’interno, farnie (Quercus robur), frassini (Fraxinus ornus) e olmi (Ulmus minor), uccelli palustri e animali selvatici, fra cui un centinaio di cervi della Mesola (Cervus elaphus), ultimo nucleo degli antichi cervi della Pianura Padana. L’Appennino Parmense è ricoperto da boschi di latifoglie, tra cui le faggete, i querceti e i castagneti all’interno della Riserva Mab, in Val di Taro; e da Borgo Val di Taro parte un bel percorso che raggiunge le case di pietra di Vighini e di Carlinetti, attraversando bellissimi boschi di castagni, alimentati da torrenti, sorgenti e torbiere. Sulle colline fra il fiume Taro e il torrente Bagnata, a una quindicina di chilometri da Parma, si sviluppa il Parco Regionale dei Boschi di Carrega, formato da boschi di querce, carpini bianchi, castagni e faggi, uniti a parecchie specie esotiche, tra cui il cedro del Libano (Cedrus libani), l’abete del Canada (Picea glauca) e la sequoia (Sequoia sempervirens), prati stabili, ruscelli e piccoli specchi d’acqua artificiali; all’interno del parco si incontrano importanti edifici storico-artistici, tra cui il Casino dei Boschi, villa costruita nel 1789 in stile neoclassico, Villa del Ferlaro, fatta realizzare da Maria Luigia per i propri figli tra il 1828 e il 1831, e la Pieve di Talignano, d’epoca romanica. Si dividono fra Emilia e Toscana le Foreste Casentinesi, oggi parco protetto, che hanno fornito legname all’uomo fin dal Medioevo: da qui provenivano gli alberi per la costruzione di grandi opere architettoniche, come la Cupola del Brunelleschi, e per delle flotte navali di Pisa e Livorno. Sono composte da diverse specie arboree: abete bianco, il carpino nero, il carpino bianco, l’orniello, il cerro, l’acero campestre e limitati gruppi di castagni, misti a maggiociondoli, biancospini, cornioli, sanguinelli e noccioli. A Grizzana Morandi, in provincia di Bologna, l’Oasi WWF di Montovolo comprende un bel bosco composto da carpini, roverelle, aceri, olmi, tigli e castagni plurisecolari, con circonferenze fino a 8 metri, nel quale crescono anche diverse orchidee selvatiche. Da non perdere anche la Pineta di Ravenna, un’area naturale protetta di circa 709 ettari, inserita all’interno del vasto Parco regionale del Delta del Po, condivso con il Veneto: risalente ai tempi dell’Impero Romano, quando venne impiantata per produrre il legname necessario alle imbarcazioni, oggi è frazionata in più pinete non contigue tra loro, formate da pino domestico, pino marittimo (Pinus pinaster), leccio, biancospino e agazzino (Pyracantha coccinea) e abitate da molti uccelli, tra i quali l’usignolo, il pettirosso, la capinera, la cinciallegra, il picchio rosso maggiore.
Spostiamoci nelle Marche: il Bosco del Beato Sante, in zona Pesaro Urbino è un piccola ma interessante formazione boschiva di caducifoglie, fra cui soprattutto grandi roverelle, carpini neri, castagni e ornielli, aceri e tigli. Poco oltre, nel rinomato Parco del Conero (AN) si incontrano ampie zone boscose, dominante dal leccio, accompagnato da corbezzolo, alaterno, laurotino, fillirea, orniello e nelle più umide dall’alloro.
Per il momento, fermiamoci qui. Il mese prossimo esploreremo le foreste e i boschi del resto dell’Italia centrale e del Meridione. Nel frattempo, potete trovare approfondimenti su quanto qui citato nel sito www.luoghi.italianbotanicalheritage.com, inerente il patrimonio botanico italiano, alla voce “Boschi, foreste e alberi monumentali” di ciascuna regione.
Rispondi