Un nome difficile per una pianticella molto amata, simbolo per eccellenza della montagna: Leontopodium alpinum, ovvero, la stella alpina. Per essere precisi, oggi si chiama L. nivale subsp. alpinum.
Asteracea ardita, si é specializzata nel vivere ad alta quota, fra i 1.800 e i 3.300 metri di altitudine, là dove il sole é cocente, la notte e gli inverni gelidi, l’acqua scarsa. Cresce nei prati, nelle fenditure delle rocce, sui detriti rocciosi, in terreni sassosi, prevalentemente calcarei e ricchi di sostanze nutritive. Vive sui rilievi montuosi dai Pirenei alla catena dell’Himalaya.
I suoi fiori iconici, come fatti di feltro lanuginoso, sono in realtà infiorescenze a capolino, a loro volta riunite in corimbi. Ogni capolino é composto da 5-8 fiori veri e propri, centrali, e diverse foglie modificate, lanceolate bianche, ricoperte da fitta peluria, che svolgono la funzione di petali: caratteristiche che le permettono di riflettere i raggi del sole e proteggersi dal freddo. Le foglie, piccole, sono sia lungo lo stelo, sia basali, riunite in una rosetta, e anch’esse pubescenti. La base del fusto e’ un rizoma.
Sull’Appenino, invece, vive la specie Leontopodium nivale, più piccola in altezza (5-15 centimetri contro, in genere, i 20 e anche 30 di L. nivale alpinum) e nelle dimensioni dei capolini, dai “petali” piu’ larghi e corti.
In passato, era abitudine, fra chi frequentava le vette, raccoglierne grandi mazzi da portare a casa, mettendone a repentaglio la sopravvivenza, soprattutto con l’avvento del turismo di massa. Oggi, grazie al fatto che e’ ovunque da tempo protetta, e’ tornata a fiorire in quantità, perlomeno nei luoghi che le sono caratteristici. Ma incontrarla è sempre un’emozione.
Se volete coltivarla, ma solo nei giardini di montagna, potete acquistarla nei vivai alpini che la producono. Fra questi, Azienda agricola La Chicca, in Valtellina.
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