Da qualche giorno il mio piccolo giardino sospeso ha un angolo ricoperto da una cascata di foglie rosso fuoco, punteggiata da bacche viola: e’ Parthenocissus quinquefolia in veste autunnale, nata in un vaso da un seme portato anni fa da qualche uccellino. Tante case e palazzi della citta’ ne sono ugualmente trasformati: a volte penso che dovremmo ricoprirli tutti, con la bellezza di questo rampicante forte e adattabile, capace di crescere al sole come all’ombra e in terreni anche poveri.
E’ soprannominata, si sa, vite americana, perche’ originaria del Nordamerica centrale ed orientale, da non confondersi con la vite del Canada o vite canadese, Ampelopsis brevipedunculata, che proviene pur sempre da quelle terre, seppure un po’ piu’ a nord. Ma mentre la prima ha foglie pentalobate, quest’ultima le presenta a tre lobi, ma appena accennati, e dall’aria piu’ cicciotta, passatemi il termine non botanico. Ne va confusa con altre specie simili, tutte della famiglia delle Vitaceae, tra cui soprattutto Parthenocissus tricuspidata ‘Veitchii’ (ma prima Ampelopsis tricuspidata) detta vite vergine del Canada, anch’essa nordmaericana e anch’essa dotata di foglie trilobate, ma piu’ puntute.
Ma torniamo alla vite americana: i suoi tralci hanno 5 o 8 diramazioni e viticci terminanti con ventose (a qualcuno puo’ dar fastidio vederli secchi sul muro, teniatene conto, ma si grattano via con un po’ di pazienza). Le foglie, si e’ detto pentalobate, e con una certa aria leggera, sono verde opaco sulla pagina inferiore. Io le amo particolarmente, oltre che in autunno, quando si aprono, in primavera, e sono di un verde tenerissimo che allarga il cuore. I fiori, in giugno e luglio, sono minuscoli, bianco verdastro, e attirano molte api. Da settembre maturano le bacche, grandi come piselli, blu-violetto, amate dagli uccelli che ne disperdono i semi, fra foglie rosso scarlatto, splendide nella nebbiolina autunnale come quando sono illuminate in controluce da raggi del sole.
Affinche’ cresca in tutta la sua possenza, la vite americana richiede una terriccio fertile e fresco, ma si adatta a condizioni piu’ difficili. La facciata del palazzo in cui sono cresciuta ne era letteralmente ricoperto, fino a sfiorare il marciapiede con i suoi morbidi tralci (anche se qualche condomino ogni tanto pretendeva di tagliarla e a volte lo faceva pure, ma lei si riprendeva sempre alla grande), ed e’ anche per questo motivo che l’amo tanto.
Di recente, pare che alcuni botanici abbiano messo in guardia sull’uso di questa ed altre specie di viti americanee, ree di diffondersi troppo nei boschi, soffocandoli…Mah, cerchero’ di approfondire, ma faccio mie le considerazioni di Gilles Clement: I nostri giardini pullulano di essenze alloctone, ed alcune si sono diffuse anche negli habitat naturali, a volte creando problemi. Dobbiamo essere consapevoli che questo processo e’ irreversibile: per quanto queste specie siano dannose per la biodiversita’ e le attivita’ umane, non riusciremo mai a resettare il loro influsso ssull’ambiente. La natura si ordina da se’. Gli equilibri naturali non tornano mai indietro, ma si evolvono in base alle nuove variabilita’»(Il giardino planetario)
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