I giardini creativi di Eboli: un esempio da imitare

Eboli, cittadina di epoca preromana, situata sugli estremi versanti meridionali dei  Monti Picentini, subito a ridosso della Piana del Sele, oggi provincia di Salerno, da due anni a questa parte è un esempio virtuoso di come il lavoro di squadra fra alcuni professionisti, i cittadini e un’amministrazione pubblica intelligente, riesca a fare qualche cosa per valorizzazione ecosostenibile del proprio territorio. Due anni fa Sabina Masala, con Emila Abate, Mariagrazia Castiello e Francesco Rotondale,  quattro giovani ed entusiasti architetti campani, hanno ideato RADICITY, format volto alla rigenerazione urbana del centro storico, attraverso la realizzazione di spazi collettivi che mettano al centro l’uomo e la natura, e sviluppino fra i cittadini il rispetto per l’ambiente e una nuova cultura civica e sociale.

Il centro strorico di Eboli mostra ancora le ferite di terremoti passati e della guerra, ma, nonostante l’incuria ancora evidente, da qualche anno si sta rivestendo di piante e fiori, un per tradizione, ma soprattutto grazie agli incentivi del Comune: a passeggiarvi, finestre, decorazioni sui portoni, balconi, inferriate, muretti rivelano un tripudio di vasi e vasetti colorati, di bougainvillee, trachelospermi, accanto a piccoli agrumeti antichi e giardini segreti in abbandono racchiusi fra le mura, di lantane, cactus e pelargoni…mentre le piante nate spontaneamente qua e là fra le crepe e la pavimentazione – fichi, verbaschi, capperi. ailanti, erbe -, portano gentilezza alle case in rovina.

Ma c’é ancora tanto da fare, per riqualificarne le piccole piazze, le vie strette, le scale, le mura, di questo antico paese.

 

L’intento di questa lodevole iniziativa è proprio questo: trasformare gli spazi urbani degradati, abbandonati o semplicemente non più vissuti dalla popolazione, in una rete di luoghi vivi, condivisi, amati, utilizzati. Ma non attraverso opere imponenti e invasive, bensì mediante la realizzazione di piccoli interventi ecosostenibili, creati con cura e nel rispetto dell’ambiente: giardini condivisi, orti urbani, pareti vegetali, installazioni artistiche.

Lo strumento scelto da RADICITY è stato quello del concorso e del coinvolgimento di tutti: in una prima fase viene infatti interpellata la cittadinanza, tramite le associazioni locali, invitata a raccontare il proprio territorio e a formulare proposte a riguardo sulla sua rigenerazione; successivamente, si selezionano le aree del centro storico sulle quali intervenire e, assieme alle amministrazioni comunali, si coinvolgono le aziende vivaistiche locali, a supporto dell’iniziativa; quindi, vengono scelti i paesaggisti, da tutta l’Italia, a cui affidare la riqualificazione delle aree prescelte e a loro assegnate. A loro viene inoltre  affidato un tema: quello di quest’anno è stato “Green to feel good”, ovvero il verde per stare bene. Durante i giorni della realizzazione effettiva dei progetti, Radicity propone conferenze, incontri, dibattiti, attività varie, legate ai temi della sostenibilità ambientale. Una volta conclusa la realizzazione, ai primi di giugno, i lavori vengono giudicati da una giuria di esperti, che decreta il vincitore, al quale viene corrisposto un premio in denaro. Inoltre da quest’anno, i progetti sono affidati ad associazioni o a singoli cittadini, che si impegnano a prendersene cura: i risultati verranno premiati l’anno seguente.

In questo modo, Radicity vuole gettare semi sul territorio italiano, affinché, coinvolgendo i cittadini, si inneschino processi virtuosi, che coinvolgano le comunità urbane, rendendole consapevoli e responsabili dei luoghi in cui vivono e le persone con cui li condividono. Un esempio meraviglioso e riproducibile facilmente in tanti borghi e cittadine d’Italia.

Vincitore della prima edizione è stato Finestre del Mediterraneo, di Cristina Mazzuchelli, realizzato dalla Società Agricola Vivaio Piccoli Frutti ,in Largo Mangioni (il tema era “The Hearth of Eboli”): con un meraviglioso giardino, fresco, leggero e sostenibile, che gode ancora di ottima salute, unico fra i progetti del 2017 anche perché è stato l’unico ad essere seguito dopo, con grande attenzione, dai giardinieri che lo hanno realizzato l’anno scorso, Società Agricola Vivaio Piccoli Frutti. Quest’anno è stato arricchito da un’illuminazione notturna molto suggestiva.

Quest’anno ho avuto l’onore e il piacere di essere chiamata in giuria, trascorrendo due giorni molto belli, alla scoperta del suggestivo centro storico di Eboli, della fantasia, capacità e bravura dei paesaggisti e delle maestranze che hanno partecipato, dell’entusiamo dell’amministrazione pubblica e di tutti. Si percepiva un fervore, una passione, una voglia di fare entusiasmanti.

Qui di seguito i progetti realizzati (inseriti secondo l’ordine del percorso da compiere), alcuni dei quali mi sono piaciuti particolarmente, ma tutti uniti da creatività, cultura e intelligenza alla storia (da qui, per esempio, passò Giuseppe Garibaldi), all’architettura, all’anima di Eboli. Se passate da quelle parti, vi raccomando di andare a vistare quest’antica città, che porta ancora i segni dei terrimoti e della seconda guerra mondiale, ma anche rivela una voglia di rinascita nel nome di una nuova cultura del bello e della condivisione.

 

1-Una camicia rossa per Eboli, via Francesco La Francesca: progetto dell’architetto Sabrina Fazio, realizzazione dell’Azienda Agricola Caso. Una piazza, legata a Giuseppe Garibaldi, una scalinata verso l’alto. Il colore rosso dei pelargoni e i rampicanti, usati come ricandenti, a unire il tutto.

 

2-Kintsugi mediterraneo, piazza Porta Dogana: progetto dell’architetto Valerio Cozzi, realizzazione dell’Azienda Mazzeo Floricoltura. Una piazza già vissuta, ma schiacciata da una casa distrutta: le crepe ei muri dipinti d’oro, secondo la filosofia del Kintsugi, che non nasconde le cicatrici, bensì le rende belle, a memoria di una vita vissuta.

 

3-Aromatiche condivisioni, via Santa Sofia: progetto di Donatello Chirico, realizzazione di Ditta Quadrifoglio. Uno slargo, più che una via, da un lato chiuso da un antico muro, dall’altro vecchie case ancora abitate. In un angolo, una casina in cui si rifugia una colonia di gatti. Tutto è preservato e le aromatiche saranno occasione di cura e di ricette di cucina per gli abitanti. Colori tenui e pallet che diventano sedute per chiaccherare alla sera.

4-Vicus deliciarum, via Barbacani: progetto del dottor Giuseppe Baldi, realizzazione della Società Agricola Vivaio Piccoli Frutti. Una strada in discesa, fra case distrutte e antichi muri, che conduce a un giardino segreto ma abbandonato e, in fondo, a un antico lavatoio. Ghiaia, un piccolo orto, aromatiche e perenni dalle fioriture leggere nei toni del blu e del viola, un accenno di poetica palizzata danzante color ruggire e una fontana di recupero.

 

5-Confessione, vico III Rua: progetto dell’architetto Simone Ottonello con l’archietto Gianfranco Fumo, realizzazione dell’Azienda Agricola Cafaro. Una  piazza, fra il vecchio, il nuovo, le rovine, alla quale dare un senso e un legame.Il filo conduttore il colore, al centro una casa sottile e un olivo, simbolo mediterraneo di pace e unione fra i popoli.

 

6-Le piante son brutte bestie, via Giacomo Leopardi: progetto dello studio Volumezero, realizzazione della Coop Soc. New Ecology Service. Un’area difficilissima, su più livelli, utilizzata coma spazzatura dai caseggiati che la circondano.

Chi ha vinto? Premetto che non è stato affatto facile scegliere, dato l’alto livello di tutti i progetti, e che inoltre la valutazione ha tenuto conto, per fortuna, di più aspetti, tra cui la sostenibilità dell’intervento, la sua futura manutenzione, la difficoltà oggettiva della sua realizzazione (i paesaggisti non scelgono l’area dell’intervento), l’inserimento ambientale.

Comunque, ha vinto Vicus deliciarum, di Giuseppe Baldi, ma vi assicuro per pochi punti rispetto a tutti gli altri, e ad alcuni in particolare. Aspetto con curiosità Radiocity 2019 e nel frattempo vi invito di nuovo a vistare questa cittadina che tanto ha da insegnare.

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