Da qualche tempo mi diverto a fotografare tutti gli steccati e le staccionate che incontro, così ormai ne una piccola raccolta. Oltre a piacermi molti di per sé, in particolare quelli di realizzazione artigianale, sono davvero molto efficaci – più che per difendere una proprietà – per caratterizzare un giardino, un orto, un parco, un prato, per sottolineare uno scorcio, incorniciare un paesaggio e dare sapore a un angolino speciale. Cominciate dunque a pensarci, in vista della primavera, magari ispirandovi alle fotografie della mia “collezione”.
Un po’ di storia. Fin dall’antichità, le staccionate hanno caratterizzato il paesaggio culturale contadino, separando i campi l’uno dall’altro, fiancheggiando sentieri e delimitando gli alpeggi, e, in epoche più recenti, racchiudendo i giardini, in alternativa alle siepi, alle cancellate, ai muri di pietra o mattoni. Il termine giardino, garden in inglese, garten in tedesco, deriva infatti da una radice indogermanica – Gart o Hart, che ha proprio il significato di “cingere, circondare”. Ma anche il greco e il latino indicavano il giardino (non ornamentale, che non era ancora nato) con parole significanti uno spazio delimitato e chiuso: rispettivamente Kepos e hortus. I Latini, in particolare, differenziavano l’hortus con termini diversi a seconda della funzione: il viridarium era il vivaio dove si producevano e coltivavano nuove piante, il pomarium il frutteto, il nemus la boscaglia selvatica dove si celebravano riti sacri. Il concetto di “giardino ornamentale“, di solo piacere, e dunque fine a sè stesso, non infatti era nato.
L’abitudine di recintare a scopo difensivo e trattenitivo un proprio spazio all’aperto è nata nel Neolitico (7-8.000 anni a.C.), quando l’uomo ha cominciato a coltivare i terreni, togliendo le pietre e accatastandole in mucchi, che presto divennero delimitazioni per gli animali, in seguito accompagnate o sostituite da legni. Nel corso del tempo, le tecniche si sono affinate, le recizioni hanno acquisito diverse finalità – evidenziare le proprietà, proteggere il bestiame, i campi e i pascoli, indicare le vie in uscita o entrata a un borgo o a una città – e si sono sviluppate forme diverse, caratteristiche di epoche e luoghi differenti.
Navigando su Internet ho scoperto che un tempo in Italia si utilizzavano temini diversi per indicare le recinzioni, a seconda dei luoghi e delle tecniche utilizzate: filagna, fratta, graticolata, grata, intrecciata, macchia, mandorlato di legno, palificata, siepe, siepone, steccato, stecconata, palizzata, riportati da un dizionario tecnico del 1883; senza contare le numerose definizioni dialettali tipiche delle varie regioni.
Gli steccati nella nostra tradizione. Ho anche scoperto che in Alto Adige esistono, per quanto a rischio di estinzione, 24 diversi tipi di steccato di legno, tutti in larice, come riporta un libro prezioso, “Recinzioni tradizionali in Trentino”, scritto da Giovanni Giovannini e Prisca Giovannini, rispettivamente funzionari del Servizio Foreste e Fauna e Servizio geologico della Provincia Autonoma di Trento, allo scopo di non perdere e anzi reintrodurre questa antica tradizione locale. Negli ultimi 20-30 anni, infatti, si è verificata in Trentino Alto Adige, ma non soltanto, una progressiva omologazione nell’aspetto delle recinzioni, poiché sempre più si utilizzano quelle commerciali, realizzate con legnami di importazione e trattate con impregnanti in autoclave per resistere maggiormente, con conseguente perdita di elemento di identità del paesaggio, solo apparentemente modesti.
Pensate che i due autori hanno indicato sette grandi famiglie di recinzioni in legno (palizzata, staccionata, sailzaun, inanellata, ranggzaun, stecconata, graticolata), suddivise in ben 24 tipologie, senza contare le recinzioni in pietra (calcari, scisti, porfidi e tonaliti), suddivise in tre famiglie (recinzione di sasso, di lastrame e di lastre) e 14 tipologie. Le staccionate in legno sono tenute insieme da chiodini in legno o giovani rametti di abete raccolti in primavera in quanto la linfa che li percorre gli rende più flessibili, occasionalmente anche con chiodi metallici, e sono costruitei senza utilizzare sostanze chimiche per renderli impermeabili e resistenti all’umido, bensì ricorrendo all’antico sistema di bruciare e carbonizzare la punta del palo, che viene poi infilata nel terreno. In Val Sarentino, per esempio, si trova lo steccato costruito con coppie di pali disposti a formare una sorta di forbice; in Valle Aurina, il Ringzaun, già citato nel diritto Bavarese dell’VIII secolo, composto da un fissaggio solo in legno e rametti, posti a forma di anelli a legare ogni ogni asta a quella successiva. Nelle zone soggette a valanghe si utilizza invece soprattutto il Schrankzaun o Scherenzaun, uno degli steccati più antichi e semplici dell’arco alpino: è composto da stecconi posti in forma di forbice (da qui il nome Schar, in dialetto “forbice”; privo di chiodi di stanghe e aste, che viene tolto in autunno e rialzato in primavera, conficcando nel terreno gli stecconi con poderose mazzate. Poi vi sono il Rangg’n o Schärenzaun, steccato con fissaggio solo in legno di stecconi a forbice e stanghe; il bellissimo e complesso Speltenzaun, tipico della Val d’Isarco, caratterizzato da un fissaggio artistico, eseguito solo in legno, con stecconi posti in posizione verticale, intrecciati mediante rametti flessibili a stecconi orizzontali; lo Stangenzaun, stanghe con montanti, stecconi, chiodini in legno e bande in salice; la Vinschger Lattenzaun, staccionata con montanti e bande in legno; la Ultner Lattenzaun, staccionata di assi fissate con chiodini; la Knüppelzaun, staccionata costruita alla maniera Ultner e della Val Sarentino; e lo Bretterzaun, steccato con assi e montanti fissati con chiodini… solo per citare i nove tipi più importanti.
Per tornare agli steccati che vado fotografando, eccone alcuni: senza entrare in merito ai dettagli tecnici, ma solo per suggerirvi idee, ve li raggruppo in base al luogo o all’occasione in cui li ho incontrati, aggiungendone altri tratti dal web, per una panoramica un po’ più completa. In pino, larice, abete, castagno, ginepro e altri legni ancora; in rami di salice variamente intrecciati; in astoni di salice vivi; in bambù; pannelli di erica; a pali interni o mezzi pali; a una-due-tre traverse orizzontali, a traversa diagonale, a traversa incrociata; a listelli verticali od orizzontali, contigui o più o meno radi; a rombi o riquadri; alti e dritti o bassi e ondulati; in colore naturale o variamente dipinti; rustici o più o meno raffinati… Mi direte i vostri preferiti! Personalmente mi sono piaciuti in modo particolare gli steccati leggeri e colorati presentati dal vivaio L’Erbaio della Gorra in occasione della Tre Giorni in Giardino, a Masino, dello scorso ottobre (2018): radi, stortignaccoli, dipinti di azzurro, malva, rosa e giallo zucca, più che per racchiudere e delimitare uno spazio sono pensati (almeno i più alti), per sostenere l’esuberanza degli aster, dei crisantemi e delle graminacee ornamentali. Un’idea molto carina, vero?
Orto botanico dell’Università di Vienna
Giardini in Engadina
Boschi e pascoli in Engadina
Giardini dimostrativi, Chelsea Flower Show, Londra e campagna inglese
Giardini dimostrativi e vivai alle mostre mercato itlaiane (Orticola, Orticolario e Masino)
Tratto dal web
3 Commenti
Cristina
8 Gennaio 2019 18:46Adoro adoro!!!
Margherita Lombardi
8 Gennaio 2019 18:52Grazie grazie!!!!!
Camilla Z
13 Gennaio 2019 12:07splendido articolo!!! mi si è aperto un mondo! Tra quelli tradizionali trovo bellissimi il Ringzaun e il Speltenzaun.. mentre tra quelli contemporanei gli intrecci di salice di Anna Patrucco sono sempre meravigliosi..
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