Un’altra pianta particolare che mi ha colpito nell’Orto botanico di Palermo, è Manihot palmata, un’Euphorbiacea originaria del Brasile che si è diffusa in tutta l’America tropicale. Alberello sempreverde, raggiunge circa tre metri di altezza. Sorprende con le sue enormi foglie palmate, che creano giochi e luci di grande suggestione. I fiori sono piccoli e dall’aria bizzarra, ma compaiono solo nelle condizioni climatiche migliori. È infatti una specie poco rustica: tollera solo brevi gelat a -6.7°C/-3.9 °C (zone USDA 91-10) e dunque riservata ai giardini litoranei e meridionali, ma altrove può essere coltivata in vaso e ritirata in inverno, in una veranda o pianerottolo, come pure forse, con le dovute cautela, su terrazzi e in cortili riparati.
Manihot deriva dal termine brasiliano manioc: dalle grosse radici tuberizzate di Manihot palmata e di altre Manihot, come M. utilissima, M. esculenta e M. dulcis, si ricava infatti la manioca, una farina ricca di carboidrati, calcio e vitamine, che rappresenta un’importante risorsa alimentare per l’America tropicale, l’Asia e l’Africa, dove vengono a questo scopo coltivate. Allo stato fresco sle radici tuberose sono velenose, poichè contengono glucosidi cianogenetici, ma con il lavaggio e la cottura perdono la loro tossicità.
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