Citrus x lumia, un agrume dimenticato

Credo che gli agrumi siano, dal punto di vista sitematico, fra le piante più complicate del mondo, in virtù della loro faciltà a ibridarsi e a predisizione alle mutazioni cellulari, oltre che dal lungo viaggi compiuto dalle terre di origini attraverso tutti i continenti. Basti pensare al limone: una volta era considerato una specie (Citrus limon), mentre oggi è ritenuto un gruppo di ibridi (Citrus x limon) e alla complessa classificazione di agrumi meno conosciuti, come il pumelo o pommelo (Citrus maxima), secondo alcuni il primo agrume a essere entrato in coltvazione, il mandarino cinese ovale o kumquat ((Citrus japonica tobbese) e il mandarino cinese rotondo o calomondino (oggi x Citrofortunella macrocarpa, un tempo Fortunella japonica).

Ma anche la lumìa non scherza: indicata oggi come Citrs x lumia e detta ‘Pera del Commendatore’, secondo alcuni è un ibrido fra l’arancio (Citrus sinensis) e il cedro (Citrus medica), mentre per altri derivata dai limoni. Di origini antiche e abbastanza dimenticata, la lumìa viene coltivata in alcuni Paesi del Bacino del Mediterraneo, in particolare in Sicilia, più che altro a scopo ornamentale, anche se vi si possono preparare marmellate e spremute: piccolo albero alto 3-6 metri, con foglie lanceolate dai margini dentellati, fiorisce due volte all’anno, aprendo fiori abbastanza grandi, bianchi, rossastri all’esterno, molto profumati, riuniti in grappoli. Il frutto, più o meno grande, può avere forma tondeggiante e buccia liscia come la varietà ‘Lumia Dolce’, che ricorda un piccolo pommelo, oppure ma avere forma più o meno piriforme e scorza da ruvida a bitorzoluta, cosa che lo fa assomigliare a un limone o a un cedro. Molto aromatico, ricco di vitamine e sali minerali, è anche molto succoso e di sapore dolce, anche se la parte bianca (albedo) è tanto amara da non essere commestibile.

Dalla pubblicazione Le lumie di Sicilia: note storiche e botaniche, di F.M. Raimondo, L. Cornara e  P. Mazzola, nel 2915, online dal 2017 cho tratto altre precisazioni, che vi riporto:

…”La fioritura dura almeno due mesi ed il frutto maturo può poi attendere altri due mesi sull’albero prima di venir colto, il che favorisce una raccolta sistematica. La fioritura primaverile produce i frutti migliori, la cui raccolta dura poi tutto l’inverno, da novembre ad aprile o maggio. La seconda fioritura, alle volte forzata nelle piantagioni commerciali, avviene in agosto e settembre ed i frutti si possono raccogliere da maggio in poi, subito dopo quelli invernali. In condizioni favorevoli, un albero adulto può dare da 600 a 800 frutti all’anno”…

…”Che si trattasse di un ibrido lo ricorda già uno dei più classici studiosi che si sono interessati agli agrumi, ovvero il Gallesio (1811); ma anche altri autori suoi contemporanei, come gli stessi Risso e Poiteau (1818-1822)…non solo, secondo la letteratura, il termine ”lumias” fu citato per la prima volta da Falcando nel lontano 1169)per indicare i limoni e, dal 1500, da altri citrologi, per indicare gli ibridi di cedro (C. medica) e arancio dolce  (C. sinensis). Questa è in particolare l’opinione da Gallesio nel 1813, in seguito accettata anche dall’Accademia dei Georgofili nel 1837. “Tuttavia, mancano ad oggi analisi specifiche che supportino in termini genetico-molecolari tale interpretazione, come è stato fatto, invece, per altri nothotaxa dello stesso genere…. In diverse opere post linneane, il citato taxon viene ridotto a semplice varietà ora di C. medica ora di C. limon, del quale si è poi accertata la stessa natura ibrida….I primi riferimenti scientifici e le prime raffigurazioni botaniche sulle lumie di Sicilia risalgono alle opere di Francesco Cupani (1657-1710)….Relativamente alla Sicilia, Floridia (1936) ripreso da CaLaBReSe (1990) – rileva che il commercio degli agrumi non si limitava soltanto al frutto fresco ma riguardava anche il succo (“agro cotto”), le scorze e le essenze. Tali prodotti venivano richiesti dai mercati inglesi. In merito, il succitato Floridia riporta quanto scriveva nel 1761 l’abate Arcangelo Leanti in un rapporto sulle varie produzioni agricole siciliane: ovvero che dalle scorze delle lumie dolci e da altri agrumi si estraeva, a mano e con fatica, l’olio essenziale che chiuso in speciali contenitori, chiamati “caraffini”, venivadestinato al mercato inglese…..
Con riferimento ad altre regioni dell’area mediterranea, già Risso (1813) parlava dell’uso in Francia degli oli essenziali estratti dalla buccia delle limette dolci (C. limetta) – non cita le lumie – per la produzione di liquori e profumi, come anche dell’uso del succo della polpa dei loro frutti perfarne gelati dal gusto delicato e piacevole…”

Risso dice che “Citrus lumia è una delle lime anticamente coltivate in Sicilia, nell’Europa mediterranea e in Nordafrica; per questo, oltre che lumia, è chiamata limetta mediterranea. Si tratta di albero di piccola taglia, con rami maturi inermi; foglie obovate, ottuse, con margine seghettato e piccioli leggermente o per niente alati; fiori di media grandezza, odorosi, con petali esternamente rossastri; frutti globosi, mammellonati, con base e apice depressi; mammellone conico, infossato alla base; endocarpo con succo dolce, costituito da 9-11 logge contenenti numerosi semi. Si distingue da C. limetta per caratteri carpologici e fogliari, ma principalmente per il succo non acido. Le due lime vennero descritte già nella magistrale opera sugli agrumi del Ferrarius (1646) dove in si trovano illustrate insieme in una tavola con la dicitura Lima dulcis et Lima acris. La coltivazione della lumia, un tempo finalizzata alla produzione di frutti impiegati nell’industria essenziera e alimentare, oggi riveste carattere amatoriale, motivo per il quale questo agrume si è potuto conservare. Oltre ai caratteri botanici di C. lumia, viene discussa l’identità della “lumia” e la sua storia anche con riferimento alla sua coltivazione in Sicilia, come anche la corrispondenza di questo agrume con la “sweet lime” degli autori inglesi”.

Per concludere, vi suggerisco, se non li conoscete giù, gli ottimi libri inerenti anche gli agrumii Giuseppe Barbera, professore ordinario di Colture Arboree nell’Università di Palermo, grande esperto di alberi, sistemi e paesaggi rurali del Mediterraneo, e grande narratore: L’Orto di Pomona (L’Epos, 2000), Conca d’Oro (Sellerio 2012). e Tuttifrutti (Aboca Edizioni, 2018). Oltre a questi, Barbera ha scritto anche Ficodindia (L’Epos, 2002), Abbracciare gli alberi (Mondadori,2009), Qualche cosa del mondo (2010), Storia di terre, radici e dolori (L’Albatros 2019)

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