L’olio etravergine bio di Colline di Binania e l’oliva ‘Nocellara del Belìce’

Oggi vi voglio raccontare una bella storia: quella di quattro ragazzi, amici e per caso anche cugini, che, chi dalla Sicilia, chi di Milano, sono tornati alle origini affiancandosi al nonno, nella conduzione dell’azienda olivicola, in Sicilia, con l’obbiettivo di portarne avanti la strada: produrre il miglior olio extravergine di oliva in sinergia con la natura circostante.  Loro sono Federico, Giulio, Lorenzo e Francesco, lui, è Rocco, il volto solcato dagli anni come la corteccia di un antico ulivo: tutti e cinque portano lo stesso cognome, Parisi Asaro.

L’azienda, Colline di Binaia, si trova a Castelvetrano (TP), 18 ettari a uliveto su uno dei colli che dominano la Valle del Belìce.

 

Ve li voglio presentare, perché sono stata davvero conquistata dalla loro simpatia e bravura, oltre che dalla bontà del loro olio (i due milanesi sono anche amici dei miei ragazzi): Federico, nato e cresciuto a Milano, lavora per il cinema, la TV e per ogni progetto che ricambi l’impegno col divertimento: si definisce “efficiente in quanto pigro”. Lorenzo, suo fratello minore, è il più riservato e timido: si dà un gran da fare con zappa e  mazzotta, ma anche matite, biro e pennarelli: suo infatti, l’idea e il disegno, magnifici, sulle latte nelle quali olio viene commercializzato. Giulio, dopo un periodo a Milano, torna in Sicilia e inizia a occuparsi di vino e campagna, per poi cominciare a lavorare con il nonno: sua però anche la realizzazione del sito dell’azienda, freschissimo nell’impaginazione e nei testi divertenti e leggeri. Francesco, fratello di Giulio, “il più siculo” dei quattro, intuisce per primo le potenzialità della campagna di famiglia e dopo due anni come barman a Milano, torna a sua volta a casa. In ultimo, il capostipite, “granitico come il suo nome”: Rocco, ragazzo classe 1931, nelle cui vene scorre la terra buona dove ha coltivato i suoi ulivi, self made man dalla volontà ferrea, dedizione totale e pragmatismo.

E ora veniamo al loro olio, che vi assicuro è di altissima qualità, conseguenza di una coltivazione rispettosa di ogni singola pianta, di una molitura consapevole a temperature gentili (mai sopra i 25° C) e di un’oliva fenomenale: la ‘Nocellara del Belìce’. La raccolta manuale ne preserva le proprietà organolettiche, il regime biologico ultraventennale ne garantisce la salubrità. L’olio ottenuto dalla raccolta 2020, dal sapore fruttato e molto pizzichino, da utilzzare a crudo, viene venduto in latte nere da un litro, elegantissime. Quello dell’anno precedente, in latte da 3 e 5 litri: di sapore e aroma più leggero, seppure comunque saporito e squisito, può essere utilizzato anche per cucinare. Andate sul loro sito e guardate le offerte se ne acquistae una certa quantità.

Per venire all‘oliva ‘Nocellara del Belìce’: tra le varietà autoctone siciliane, risalente probabilmente alla Magna Grecia, è molto pregiata, tanto da avere ottenuto nel 1998 la certificazione DOP (denominazione di origine protetta). Conosciuta anche come Oliva di Mazara o di Castelvetrano, Tonda e Trapanese, ha una pezzatura molto grossa ed è utilizzata sia per per produrre olio extravergine sia come oliva da tavola. Le piante sono autoincompatibili ma per l’impollinazione si fa generalmente ricorso ad altre cultivar, fra cui in particolare la ‘Giarraffa’ e la ‘Piducuddara’; sono di media vigoria, con portamento e chioma mediamente espanse. Le olive (drupe) hanno sferica e simmetrica, con l’apice e la base arrotondate: pesano dai 4 ai 6 grammi e oltre, con la superficie è punteggiata da grandi lenticelle e un ottimo rapporto tra nocciolo e polpa, quest’ultima di grande consistenza. Con l’invaiatura (l’inizio della maturazione, in questa cultivar piuttosto tardiva), le drupe si scuriscono, fino ad assumere una colorazione violetta.

Il livello della produttività è elevata e non soggetta ad alternanza, con una resa dell’olio medio-alta (spesso superiore al 20%). Piuttosto resistente agli attacchi della mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), è però sensibile alla rogna (infezione di origine batterica, causata dal batterio Pseudomonas savastanoi), al mal del piombo (causato dal fungo Chondrostereum purpureum), alla verticillosi (indotta dal fungo Verticillium dhaliae) e allocchio di pavone (provocata dal fungo Spilocaea oleaginea). Molto diffusa nel distretto olivicolo della provincia di Trapani, la ‘Nocellara del Belìce’, grazie alla sua adattabilità ,è oggi coltivata anche ad  Agrigento, Palermo e sul versante orientale dell’isola.

L’olio ottenuto dalla spremitura della ‘Nocellara del Belìce’ è in genere di colore da giallo a verde intenso, con acidità molto bassa (inferiore 0,5%), profumo fruttato di oliva di medià intensità, con note di mandorla, pomodoro verde, erba tagliata, carciofo e talvolta erbe aromatiche, e gusto amarognolo, più o meno piccante e con una punta di dolce.

 

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