Hardenberge, le felici girovaghe

Happy wanderers, felici girovaghe: è soprannome affibbiato dai giardinieri anglosassoni, sempre affettuosi e fantasiosi, alle hardenberge, rigogliosi rampicanti legnosi di origini australiane, dalla ricca fioritura violetta invernale e primaverile (nei nostri climi). I fiori, dalla forma classica di fagioli e piselli (sono anch’esse Fabaceae), sbocciano in lunghi racemi ricadenti, che possono contare fino a 30 corolle. Nei nostri climi raggiungono l’altezza di 2-3 metri  e circa la metà di larghezza. Ma attenzione a non confondervi fra due specie, seppur simili: Hardenbergia violacea e Hardenbergia comptoniana.

 

H. violacea ha foglie intere, grandi, lanceolate, cuoiose, verde scuro brillante, con venature prominenti e fiori violetti, con idue macchioline giallo-verdi al centro, che danno loro l’aspetto di una una faccetta curiosa. Fiorisce in inverno-primavera (febbraio-aprile). Originaria dell’Australia orientale e meridionale, dove cresce lungo le coste e sulle montagne all’interno, su terreni da sabbiosi ad argillosi, rispunta dalle sue radici dopo gli incendi e i suoi semi sono dispersi dalle formiche. Molto carine le sue cultivar ‘Candy Wrapper’, a fiore rosa confetto, e ‘Free N’Easy’, bianca, che il vivaio ha presentato a Soffio di Primavera, a Villa Necchi Campiglio, ai primi di marzo.

 

Hardenbergia comptoniana (ph. dal web)

H. comptoniana forma invece foglie trifogliate, ogni fogliolina allungata e appuntita, portate da lunghi piccioli rosso-bruni, e le  due macchioline al centro delle corolle sono bianche. Fiorisce all’inizio della primavera. È originaria dell’Australia occidentale, dove cresce lungo le coste e nelle foreste dell’interno, su terreni sia sabbiosi sia argillosi e calcarei.

 

Origine del loro nome. Si deve a H. comptoniana, prima ad arrivare in Inghilterra: introdotta in coltivazione nel 1810 da Lady Northampton, il cui soprannome era Compton e nel cui giardino fiorì per la prima volta, venne a lei dedicata: Henry Charles Andrews, nel descriverla, la battezzò Glycine comptoniana, ma il nome fu poi cambiato, nel 1937, in Hardenbergia comptoniana da George Bentham, in onore della contessa australiana Franziska von Hardenberg.

Come si coltivano. Ideali per i climi caldi e miti, dove si comportano da perfette sempreverdi, le hardenberge sopportano, se in luoghi riparati e protette al piede, fugaci gelate anche fino a -5/-8°C, ma sotto gli zero gradi possono perdere parzialmente o totalmente le foglie. Tenetene conto e, nel caso, piantatale contro un muro esposto a sud, mentre nei climi decisamente ricidi non rimane che coltivarle in vaso. Altrimenti da sole e mezz’ombra, richiedono terreni ben drenati (mal sopportano i ristagni idrici), moderatamente fertili, ma da sabbiosi, a ghiaiosi ad argillosi, con pH fra 6,50 e 7,50. Non piantatele frontemare, perché non risultano tollerare la salsedine. Fatele arrampicare su muri, con i necessari incoraggiamenti (graticci, fili ecc.), su pergole, contro palizzate e cancellate, ma potete utilizzarle anche come tappezzanti.

Quanto alle resistenza alla sccità, ho trovato sul web informazioni contrastanti, perciò nel dubbio è meglio bagnarla, soprattutto in primavera-estate,  lasciando che il terreino in superifice si asciughi prima di annaffiare di nuovo.

 

 

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