Non avrei mai pensato di scrivere qualcosa sulla Stella di Natale, essendo una pianta così nota e diffusa. Eppure, un po’ per caso, mi è capitato di fare un po’ di ricerche e ho scoperto cose che non sapevo, su quella è ormai la pianta simbolo della festa più dolce dell’anno, quasi più dell’agrifoglio, dell’elleboro bianco e dell’abete. Iniziamo a inquadrarla botanicamente: Euphorbia pulcherrima, famiglia delle Euphorbiaceae, è il suo nome botnaico attuale nonché originario, anche se, ai tempi dell’università di agraria, veniva chiamata Poinsettia pulcherrima, comunemente detta poinsezia.
Arbusto sempreverde originaria dell’America centrale, in particolare di Messico e Guatemala, dove cresce allo stato selvatico, in fiammeggianti boschetti, raggiungendo anche i 2.4 metri di altezza, e viene chiamata Flores de Noche Buena, “fiore della notte santa”.
Il fiore – ma sono sicura che lo sapete già – è in realtà un’infiorescenza: i fiori verdi e propri detti ciazi, sono circondati da una raggera di brattee colorate, di rosso nella specie, in innumerevoli sue sfumature, ma del rosa, del bianco (le mier preferite) e giallo crema, nelle innumerevoli cultivar ottenute.
È una pianta brevidiurna: ovvero la maturazione dei ciazi e la colorazione delle brattee si verifica quando le giornate si accorciano.
Storia, leggende, origine del nome. Gli Aztechi amavano molto la poinsezia. La chiamavano Cuetlaxochitl, “fiore di pelle”, la usavano per decorare loro templi e la ritenevano simbolo di vita nuova, in onore dei guerrieri caduti in battaglia; ritenevano che fosse nata dal sangue una dea, morta di dolore per un amore non corrisposto. Dalle sue brattee estraevano il pigmento rosso, che serviva per colorare tessuti e cosmetici; dalla linfa lattiginosa producevano un antipiretico. In Messico è stata associata al Natale già dal 1500.
Nel 1804, la poinsezia raggiunse l’Europa, grazie allo scienziato naturalista Alexander von Humboldt e venne per l’appunto denominata Euphorbia pulcherrima. Nel 1828, il primo ambasciatore americano in Messico, Joel Roberts Poinsett, la introdusse negli Stati Uniti, dove, in suo onere, venne invece battezzata Poinsettia. Di lì a poco un agricoltore californiano di origini tedesche, Paul Ecke pensò bene di coltivarla per venderne i fiori recisi durante il periodo natalizio, iniziativa che riscosse un grande successo. Come tale è stata considerata fino a quando, nel 1950, in Germania, alcuni vivaisti capirono come allevarla in serra, forzandone la colorazione delle brattee, e la trasformarono in una delle più apprezzate, seppur non facilissima, pianta da appartamento in vaso.
Come si tratta. Nei climi caldi Euphorbia pulcherrima può essere coltivata all’aperto, dove segue il suo corso naturale, sviluppandosi in un arbusto che, all’inizio dell’inverno, tinge le brattee fiorali, in cima alla chioma, nel rosso che le appartiene. In casa non è invece così semplice, anche perchè arriva dalle serre, dove è stata allevata, oltre che con la perfetta alternanza di luce e buio, e temperature adeguate (14-22°C), con l’umidità atmosferica ottimale per lei, che poi non ritrova. Arriva in casa, perde le foglie, si spoglia, ci si stufa e viene buttata via.
Invece provateci, a prendervene cura e a farla rifiorire, ne vale la pena. Bagnatela con regolarità ma moderazione, non appena il terriccio inizia ad asciugarsi in superficie.Meglio sarebbe trasferirla in una vaso più grande di quello, sempre troppo piccolo, in cui viene venduta. Concimatela ogni 15 giorni con un prodotto liquido per piante fiorite, ricco si fosforo e potassio, e nebulizzatela spesso, anche ongi ogni giorno, per contrastare la secchezza dell’aria. A fine inverno accorciate tutti i rami e portatela all’aperto, abituandola gradualmente a un’esposizione sempre più soleggiata. Continuate a concimarla e se necessario datele un vaso più grande ancora. A ottobre, riportatela in casa, in una posizione luminosa, ma non raggiunta da luce artificiale. Piano piano farà il suo corso e, man mano che le giornate si accorciano, inizierà a colorare le sue bratte fiorali, anche se non raggiungerà la tinta intensa di quando l’avete acquistata. Ma ne sarete felici.
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