Intorno al vischio

 

 

La tradizione di appendere un rametto di vischio (Viscum album) sulla porta di casa, per attirare buona fortuna e prosperità, così come quella di baciarsi sotto a una pianta raccolta e appesa in luogo di passaggio, come augurio di amore, sono molto antiche.

La prima risale ancora ai Celti, per i quali era una pianta sacra, simbolo della divinità sulla Terra, della resurrezione e della sopravvivenza della vita alla morte: in quanto aerea – vive solo sugli alberi, perchè le bacche si formano in nove mesi e perchè sono raggruppate tre a tre (numero sacro) erano convinti che fosse inviato dal cielo, laddove cadeva un fumine. In particolare, come ho letto in “Erboristeria celtica” (http://ontanomagico.altervista.org/vischio.htm), “I Celti credevano che il ciclo vitale del vischio si sviluppasse su tre elementi: un soggetto che trapassa la morte rappresentato dal vischio, un messaggero della vita cioè l’uccello trasportatore, e l’interazione divina che dava il potere di nascere e di crescere… Il Vischio era quindi una delle piante più preziose dell’erboristeria celtica tanto da essere ritenuto quasi un animale e da venire associato alla vita di un re o di un capo. I druidi sceglievano accuratamente i modi ed i tempi per raccoglierlo. Era la pianta dedicata alla festa di Imbolc e veniva tagliato dall’albero che lo ospitava durante una cerimonia di Yule o Alban Arthan. Proprio in questo giorno, il più corto dell’anno, il sole ricomincia a crescere e la luce che irraggia la terra, fecondandola di vita, aumenta gradualmente fino a rinnovare il risveglio primaverile. Il cerimoniale per la raccolta del Vischio era scandito da azioni antiche ed imprescindibili. Gli studi in merito all’epoca ed alle modalità di raccolta sono molto precisi: si usava un panno candido, simbolo di purezza, e venivano sacrificati dei giovani tori bianchi per rinnovare il patto con le divinità. I Celti lo raccoglievano nel sesto giorno della luna crescente cioè mentre questa si stava incrementando di potenza. Anche il druido che officiava la cerimonia era vestito di bianco e solo lui poteva tagliarlo. Il Vischio era anche considerato un liquido simbolico perché estraeva la linfa dalla pianta ospitante sorbendone la positività ed il sapere e quindi, concentrandone il succo, diventava la bevanda della conoscenza”..

Non per niente Panoramix, il druido di Asterix, protagonista del celebre fumetto francese creato da René Goscinny e Albert Uderzo nel 1959,  nella preparazione della sua famosa pozione magica metteva anche il vischio.

La seconda leggenda è legata al mito di Frigg o Freya, la dea nordica dell’amore e della maternità, moglie di Odino: Frigga aveva due figli, il generoso Balder e l’invidioso Loki, che decise di uccidere il fratello. La madre lo scoprì e chiese a tutti gli animali e a tutte le piante della foresta di proteggere il figlio buono. Ma si dimenticò del vischio, con il quale Loki potè così intagliare una freccia, con il quale uccise il fratello. Disperata, Frigg si mise a pangere e dalle sue lacrime si formarono tante piccole perle bianche che, toccato il corpo di Balder, lo riportano in vita. Da allora, Frigg iniziò a baciare  baciare tutti coloro che passavano sotto alle piante di vischio,  come protezione dal male e augurio di buona fortuna.

Per gli antichi Romani il vischio era sacro a Proserpina, la dea della primavera costretta a trascorrere sei mesi all’anno nel mondo nel regno sotteraaneo di Ade, suo sposo: Virgilio, nell’Eneide, lo chiama il “ramo d’oro”, in riferimento al colore chiaro di foglie e bacche, grazie al quale Enea potè scendere negli Inferi per rivedere suo padre.

Tuttavia, nel linguaggio dei fiori il vischio è diventato il simbolo d’inganno e d’attrazione fatale: non per niente si dice “rimanere “invischiati: la colla  ottenuta schiacciando le bacche appiccicose, veniva – e credo venga ancora – cosparsa su rami e altro, vicino ai luoghi di abbeveraggio o negli appostamenti fissi per catturare gli uccellini.

 

Viscum album (dal web)

Dal punto di vista botanico, il vischio è un cespuglio sempreverde epifita (vive cioè su altre piante) ed emiparassita: pur effettuando la fotosintesi, deve completare la sua nutrizione minerale attraverso la linfa delle piante ospiti. Infatti non possiede radici vere e proprie, in grado di assorbire acqua ed elementi nutritivi dal terreno, bensì radichette trasformate, detti austori, che si introducono nei vasi conduttori della linfa elaborata delle piante ospiti.  Queste ultime sono perlopiù Rosacee (biancospini, mandorlo, melo, pero, sorbo), Salicacee, Pinacee, aceri, noci, olmi, pioppi, querce e tigli, come ho avuto modo di osservare in Austria e in particolare nell’Orto botanico di Vienna (nelle foto).

In inverno, quando le piante sono spoglie, lo si nota da lontano: globi verdi più o meno sviluppati che avvolgono i rami. I rami sono dicotomici (si biforcano cioè a due a due di uguale dimensione). Le foglie, lunghe 6-8 centimetri oblunghe con apice ottuso, hanno nervature parallelinervie. I fiori, piccoli e gialli, compaiono in primavera. I frutti, che maturano nove mesi dopo, sono bacche bianche o giallastre traslucide, dalla polpa gelatinosa, contenenti ciascuna un piccolo seme grigiastro.

I semi di Viscum album vengono dispersi dagli uccelli che in inverno si nutrono delle bacche, poichè passano indigeriti dal loro stomaco e intestino: se cascano a terra non germinano e muoiono; quando invece atterranno nelle intercapedini dei rami di un albero delle specie preferite, inizia la germinazione: l’ipocotile (l’asse dell’embrione compreso fra i cotiledoni e le cellule iniziali della radice) si allunga, spingendo avanti una sorta di minuscola radichetta a forma di cono (austorio), ricoperto di papille che, non appena toccano la superficie del ramo, secernono una colla che tiene ferma la radichetta alla corteccia. La radichetta allora si allarga, sviluppando una ventosa a forma di tazza ,che perfora la corteccia, allungandosi in un minuscolo tronco ramificato. L’ospite reagisce sviluppando a sua volta una sorta di callo, per cercare di impedire agli austori di raggiungiungere i vasi xilematici, ovvero i canali legnosi di conduzione della linfa grezza (formata acqua e sali minerali), ma solitamente invano. La germinazione è lentissima: ci vuole un anno affinché si sviluppino i due cotiledoni (foglie embrionali presenti, con funzione di riserva), un altro per le prime due foglioline. L’anno successivo emetterà le prime due piccolissime foglioline e almeno 5-6 affinché la pianta raggiunga 10-12 centimetri di lunghezza, ma da da lì in poi avanzerà sempre più rapidamente.

Per molto tempo, una volta insidiatosi, il vischio non farà danni, ma alla lunga, perlomeno se l’albero è piccolo e il vischio si è molto sviluppato, l’ospite arriva a deperire e indebolirsi, esponendosi a malattie, altri parassiti e fratture, poiché l’emiparassita, per ottenere quanto gli occorre traspira molto, sottraendo perciò molta acqua e sali minerali. ISu questo argomento ho trovato perà pareri discordanti: chi dice che il vischio arriva a uccidere la pianta ospite (in particolare nel Nord della Francia avrebbe fatto in passato molti danni), chi invece suggerisce anche come coltivarlo in giardino. Non ho sufficente esperienza in materia per dire la mia.

Il più diffuso in Europa. Viscum album (da viscum, nome latino del vischio citato da Virgilio e Plinio, riprendendolo dal greco ἰξός ixós in Aristarco e Dioscoride, e albus, bianco), appartiene alla famiglia della Loranthaceae. In Italia è diffuso in tutte le nostre regioni, fino a 1200 metri di altitudine. Non è una specie protetta, ma partecipa all’equilibio ecologico del bosco. Per le abitudini degli uccelli, si diffonde spazialmente a macchia d’olio, fre le piante più vicine, in base alle caratteristiche dei singoli alberi, quali dimensioni, biomassa e presenza di rami grandi. Un altra specie presente in Europa (centrale e balcanica sino al Caucaso), e in Italia (regioni centro-meridionale, in Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia e Sicilia, è Loranthus europaeus, detto vischio quercino, perché predilige le querce, oltre che i castagni, come ospiti: è simile a Viscum album, ma con foglie più piccole e caduche, e bacche gialle.

Attenzione: anche se, come in tanti altri casi, gli uccelli possono cibarsi delle bacche di vischio senza problemi, poiché non ne digeriscono i semi, tutta la pianta è piuttosto tossica se ingerita. Occhio quindi in presenza di bambini e animali domestici.

Altri vischi. Viscum album è la specie più diffusa in Europa, vi sono molte altre famiglie e specie, distribuite in tutto il mondo, anche tropicale (famiglie Loranthaceae ed Eremolepidaceae), dal comportamento analogo, pur differenziandosi, oltre che nella morfologia, dall’epoca di fioritura e dalle strategie di impollinazione dei fiori, di dispersione dei semi, nonché di penetrazione nell’ospite e assorbimento della linfa grezza o elaborata. Tristerix corymbosus, per esempio, diffuso in Cile e Patagonia, viene impollinato dai colibrì e disperso dai marsupiali.

 

 

Per finire. Come l’agrifoglio, il vischio è dunque una pianta beneaugurante durante il periodo invernale e non può certo mancare nell’ultima notte dell’anno. Però sappiatelo: affinché funzioni davvero, poi, anche una volta secco, non va buttato, bensì conservarlo fino al 31 dicembre successivo e bruciarlo, meglio se nel camino.

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