Mi basta pronuciarne il nome, Jasminum sambac, per immaginare profumati giardini notturni in terre lontane ed esotcihe. Proviene infatti dall’India, questo rampicante o meglio cespuglio sarmentoso, dal profumo inebriante: a importarlo in Europa furono i navigatori spagnoli nel 1500, ma forse è arrivato anche prima. In patria i suoi fiori grandi, dai petali grandi e carnosi, sono utilizzati per fare offerte alle divinità e preparare il tè al gelsomino. Fiorisce da maggio a ottobre. Ha grandi foglie, verde scuro brillante, molto decorative, e un portamento piuttosto disordinato. Nei climi caldi, Italia meridionale compresa può superare i tre-quattro metri di altezza. Il suo limite di rusticità sono 0/-2°C, per cui è riservato alle nostre zone centro-meridionali, seppure lo si può sperimentare, a pareri mio, anche sui terrazzi di alcune città settentrionali, come MIlano, oggi più tiepide di un tempo, con opportune protezioni invernali. La specie ha dato origine, fin dall’antichità, ad alcune cultivar, una più preziosa e profumata dell’altra, che hanno furoreggiato presso i collezionisti del passato: Cosimo I de’ Medici, grande collezionista botanico (non unico della famiglia), andava così fiero dei suoi sambac da proibire ai suoi giardinieri di riprodurli e ragalarne anche una sola pianta. Grazie a lui per tradizione in Toscana alcuni suoi rametti venivano aggiunti ai bouquet delle spose come portafortuna.
Le sue varietà più famose sono quattro: ‘Granduca di Toscana’, ‘Arabian Night’, ‘Belle of India’ e ‘Maid of Orlèans’: le trovate tutte, insieme alla specie, dal vivaio Malvarosa, a Giarre (CT).
Jasminum sambac ‘Granduca di Toscana’: rara e antica cultivar, di origini asiatiche ma soprannominato “gelsomino italiano“, produce grappoli di fiori straddoppi, simili a roselline o picocle gardeni, i cui petali eseterni possono assumere colorazioni rosa scuro. Più lento a crescere della specie, è fra i meno facili da coltivare. Si racconta che il suo nome sia dovuto al fatto che sia stato coltivato per la prima volta nelle serre dei giardini della Villa Medicea di Castello, sulle colline fiorentine, da Cosimo I dè Medici. Agli inizi del ‘900 i gentiluomini catanesi amavano sfoggiarne un fiore all’occhiello un fiore di ‘Granduca’: perché non riprendere qusta profumata tradizione in occasione dei matrimoni?
Jasminum sambac ‘Belle of India’: antica cultivar molto diffusa in India, ha fiori doppi, dai petali stretti e allungati, dal dolce profumo, che, scrive Filippo Figuera del vivaio Malvarosa, nel suo catalogo, “ricordano i tetti doppi dei templi orientali. In molti paesi orientali viene usato per comporre ghirlande di fiori. Capita che petali esterni assumano una colorazione rosata per il freddo o se la pianta è sotto stress”. Fiorisce in continuazione e con grande generosità, da giugno a ottobre. La crescita non è molto veloce e ha un portamento un po’ disordinato come tutti i sambac, ma guidato può anche essere appoggiato ad una spalliera.
Jasminum sambac ‘Maid of Orlèans‘: considerato il più profumato tra tutti i gelsomini, di lontane origini indiane, fin dall’Ottocento è ampiamente coltivata in Italia meridionale. A crescita contenuta, da alllevare sia come cespuglio sarmentoso sia piccolo rampicante, ha foglie verde chiaro, larghe e arrotndate, e fiori semidoppi, quasi rotondi, dai petali carnosi. Lo confesso: visto a Orticola, lo scorso settembre, presso il vivaio Malvarosa, non ho resistito e l’ho comprato per il mio ballatoio: staremo a vedere…
Jasminum sambac ‘Arabian Night’: compatto e molto fiorifero, molto simile a ‘Maid of Orlèans’, ha fiori semidoppi, molto profumati.
Coltivazione dei Jasminum sambac. Piantateli al sole, al riparo dal vento, in terreno ricco di humus, fresco, leggero, ben drenato. Potete legarli a tralicci e graticci, o lasciar ricadere da un muro. Durante la bella stagione bagnateli bene e con regolarità, in modo da conservare il terreno fresco; in seguito riducete dosi e frequenza, ma senza smettere del tutto. In priamvera date loro un cocnime ricco di fosforo e potassio, meglio se a lunga cessione. Nei climi freddi trattaeli come gli agrumi in vaso, Per conservarli compatti e ordinati, a fine fioritura o a fine inverno accorciatene i rami più lunghi.
5 Commenti
Claudia Failla
6 Dicembre 2022 12:16Sempre interessante
Margherita Lombardi
14 Aprile 2023 13:34Grazie!!!
Sandra menotto
14 Agosto 2023 8:37Esaustivo nelle descrizioni varie ma io vorrei sapere come produrre delle nuove piantine. Ne ho grandissimo in vado, ne vorrei fare di nuovi. Grazie
Margherita Lombardi
9 Novembre 2023 17:18Grazie.. credo che si possa moltiplicare per talea semilegnosa, in luglio-agosto. Si prelevano rami apicali lunghi 15-20 cm, si rimuovono metà delle foglie (quelle basali) e si immerge la base del ramo in ormone radicante, poi si pianta in terriccio alleggerito con un po’ di sabbia, per favorire il drenaggio, e lo si conserva ed umido ma non inzuppato. Facci sapere! margherita
Margherita Lombardi
9 Novembre 2023 17:21Grazie.. credo che si possa moltiplicare per talea semilegnosa, in luglio-agosto. Si prelevano rami apicali lunghi 15-20 cm, si rimuovono metà delle foglie (quelle basali) e si immerge la base del ramo in ormone radicante, poi si pianta in terriccio alleggerito con un po’ di sabbia, per favorire il drenaggio, e lo si conserva ed umido ma non inzuppato. Facci sapere! margherita
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