Sembra un banano, ma non lo è. Ha fiori simili quelli di Strelitizia reginae, il cosiddetto Uccello del Paradiso, ma molto più grandi e di colore bianco e blu-nero, invece che arancio e blu, ed è molto più grande: può raggiungere infatti i 6-8 metri di altezza! È Strelitzia nicolai, una delle quattro specie (S. reginae, S. nicolai, S. alba, S. juncea) appartenenti al questo genere bizzarro di origini sudafricane, della famiglia delle Strelitziaceae. Non la amo particolarmente, troppo esotica e drammatica (per dirla come gli Inglesi), per i miei gusti, ma devo ammettere che è una pianta dalla forte presenza architettonica, stupenda nei controluce, molto effice nel regalare un’atmosfera lussureggiante, esotica e un poco misteriosa ai giardini al mare (altrove la trovo fuoriposto).
Un poco di botanica. Le strelizie sono specie erbacee e, proprio come i banani, prive di steli: le foglie, infatti, nascono direttamente dal colletto, e la loro base forma un falso tronco. Sono molto grandi se non enormi, coriacee, caratterizzate da nervature evidenti e sorrette da lunghi piccioli robusti: quelle di S. nicolai sono lunghe fino a 3 metri, con la lamina di circa 1,5 metro. L’apparato radicale è molto sviluppato, fascicolato e carnoso, capace di scendere a grande profondità, in cerca di acqua e sali minerali.
I fiori sono riuniti in infiorescenze e disposti in modo da ricordare la testa di un uccello esotico: sono inseriti in fila, a mo’ di cresta, in una grossa spata coriacea e cerosa, a forma di barca o di becco. In S. nicolai i fiori sono bianco crema, la spata dal porpora al bluastro scurro.
I fiori sono impollinati dalle nettarinie, piccoli Passeriformi diffusi nelle zone tropicali e subtropicali di Africa, Asia meridionale e Australia settentrionale: simili ai colibrì, hanno un becco lungo lungo, sottile e spesso ricurvo, e la lingua protrattile, bifida, grazie alla quale riescono a cibarsi di nettare, oltre che di insetti e talvolta frutta. Per suggere il nettare delle strelizie, si appoggiano sulla punta del “becco” delle infiorescenze: il loro peso lo fa aprire e mentre sono intenti a cibarsi, il polline cade sulle loro piume.
Qualche giorno fa, in un bel giardino in Sardegna, mi è capitato di osservare da vicino i fiori di alcune Stelitzia nicolai: il nettare, marroncino, era così abbondante che sgocciolava fuori dal “becco”. L’ho assaggiato, sentendomi per un attimo un’ape gigante: sapeva di frutta un po’ troppo matura o di miele di castagno, dolce e amaro assieme.
Origine del nome. Il genere prende il nome, sapete, da una regina inglese: Charlotte of Mecklenburg-Strelitz (1744 – 1818), botanica appassionata che, quando, nel 1772, il marito, re George III ereditò i Royal Botanic Kew Gardens, si dedicò entusiasta al loro sviluppo. Così quando, l’anno successivo, il botanico reale Sir Joseph Banks vi introdusse dal Sudafrica una di queste piante spettacolari, la volle battezzare in onore della regina: Strelitzia reginae. Strelitzia nicolai, dagli enormi fiori bianchi e blu-neri, prende invece il nome specifico dallo zar di Russia Nicola I (1796-1855), anch’egli appassionato di piante.
Dove si coltiva e come. Strelitzia nicolai è un po’ più rustica delle altre specie: richiede climi miti (+13-21°C la temperatura ideale), ma sopporta brevi gelate leggere (-2°C), in seguito alle quali le foglie si rovinano ma la pianta si riprende e ricaccia. Piuttosto, va piantata al riparo dal vento, che ne sfrangia le foglie, al sole o mezz’ombra luminosa. Il terreno deve essere ricco di humus e fresco, per cui in estate in Italia vanno bene bagnate. La potete moltiplicare per divisione dei cespi e separazione dei germogli che si formano alla base, quando sono alti 1 metro, utilizzando un coltello affilato, lasciandoli più all’asciutto per le prime due settimane.
Dove trovarla? Sicuramente da La Casina di Lorenzo e nei vivai Torsanlorenzo (Torsanlorenzo Gruppo Florovivaistico).
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