Ricordate la commovente scena della battaglia finale nel film ‘L’ultimo Samurai’, con l’ultimo cavaliere giapponese morente, in un lento turbinio di fiori di ciliegio? Una scelta del regista non solo estetica: considerati in Giappone metafora della vita, con il loro improvviso fiorire e altrettanto rapido sfiorire, i fiori di ciliegio sono associati in particolare proprio alla figura dei samurai, servi guerrieri sottoposti a un duro addestramento e vincolati alla fedeltà totale e al suicidio rituale. Anzi, secondo una leggenda, il colore di questi poeotici ed effimeri fiori (sakura in giapponese) era inizialmente bianco, ma, in seguito all’ordine di un imperatore di far seppellire i samurai caduti in battaglia sotto alberi di ciliegio, divennero rosa per aver assorbito il sangue di quei nobili guerrieri.
Per la cultura giapponese, inoltre, piantare un albero di ciliegio vicino a casa protegge dalle disgrazie e dai danni naturali e porta fortuna in amore, così come le dichiarazioni d’amore fatte sotto i fiori sakura assicurano relazioni felici.
Di cilliegi ce ne sono un’infinità, fra i botanici, le cultivar da frutto e quelle da fiore, una parte delle quali rientra nel gruppo chiamato “ciliegi giapponesi”. Difficile, se non impossibile, scegliere, anche solo fra queste ultime varietà, quale sia la più bella. Personalmente preferisco le cultivar e ibridi a fiore semplice, pendulo, con i petali appena sfrangiati, così fragili e perfetti da commuovere. Come Prunus x incamp ‘Okame’, ibrido ottenuto in Inghilterra fra P. incisa e P. campanulata: guardate le sue piccole, delicatissime corolle rosa carminio! A fioritura precoce e ricchissima, questo ibrido inizia a sbocciare già a marzo, per poi proseguire fino agli inizi di aprile, per 10-20 giorni al massimo nelle piante adulte. Grande arbusto o alberello, che può raggiungere gli 8-10 metri di altezza e i 6-8 metri di ampiezza della chioma, ha foglie strettamente ovali, seghettate, verde scuro, lunghe fino a 8 cetniemtri, che compaiono dopo i fiori e diventano di un meraviglioso arancio-rosso in autunno.
La giovane pianta delle foto l’ho vista da Floricoltura Fessia, ma lo trovate anche presso altri vivai, come Donna di Piante, di Francesca Moscatelli, che consiglia di utilizzarlo come esemplare isolato, a gruppi, ma anche in grandi vasi, nei quali però non raggiungerà mai le sue dimensioni definitive.
Come si coltiva. Piantatelo al sole, o in mezz’ombra, in terreno preferibilmente fresco, profondo, moderatamente fertile e bendreanto, meglio se leggermente acido. Tollera una leggera siccità ed è rustico, come tutti i ciliegi da fiore, fino a -20°C e oltre. A fine inverno eliminate eventuali rami secchi e i polloni dal portainnesto. Attenzione invece a parassiti e malattie (afidi, bruchi, mal del piombo, armillaria, avvizzimento fogliare), più frequenti nei climi a estate calda: come mi raccontava anni fa il compianto Enrico Cappellini, che aveva una splendida collezione di ciliegi giapponesi, iniziata ancora dal padre, oggi in Italia, a casua dei cambiamenti climatici, è preferibile riservarli alle colline e altri luoghi freschi.
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