L’ho notato ne magistrale planting realizzato da paesaggista Luciano Giubbilei per Piazza Vecchia a Bergamo, durante l‘International Meeting of Landscape and Garden, lo scorso settembre, senza riuscire a indentificarlo (a proposito, non so voi cosa ne pensiate, ma io trovo tutte la app di riconoscimento botanico assolutamente deludenti). Per fortuna mi è venuto in soccorso, come sempre, il mitico Luca Leporati, giovane e promettente dottore agronomo, un vero cecchino nell’identificare anche la pianta più piccola e sconosciuta ai più.
Dunque, quell’aster dall’aspetto un po’ rustico e al tempo stesso gentile, bassetto e dall’ampia infiorescenza di capolini bianco rosati, altri non era che Aster divaricatus, agli inglesi noto come aster dal legno bianco. Così lo chiamano ancora i vivaisti che lo producono e vendono, ma attenzione (e di questo devo avvertire Luca): i botanici tassonomisti, gente puntigliosa e un po’ sadica, lo ha già bello che riclassificato e rinominato, anche se rimane un’Asteracea. Oggi si chiama, pensate un po’, Eurybia divaricata.
Comunque: è una pianta erbacea legnosa eretta, originaria del Nord America orientale, che raggiunge i 45-60 centimetri di altezza. Ha steli scuri, quasi neri, foglie basali cuoriformi e le caulinari ovato-allungate e appuntite. Dalla tarda estate all’autunno (fine agosto-ottobre) forma grappoli terminali un po’ appiattiti, fitti di piccoli capolini dal cuore rosa o giallo e dalle ligule (i petali) sottili e bianchi.
Questo magnfico piccolo astro non teme il sole cocente nè la mezz’ombra e accetta persino l’ombra, purché luminosa.Va coltivato in terrenomoderatamente fertile, umido ma ben drenato, a una densità di tre piante al metro quadrato.
Lo potete trovare per esempio dai vivai Cascina Bollate, L’Erbaio della Gorra e Priola.
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