Le belle coincidenze: fino allo scorso ottobre fa manco sapevo della sua esistenza, poi ho notato, abbarbicato agli alberi e arbusti del giardino della splendida Villa Malfitano Whitacker, a Palermo, durante il viaggetto coni soci di Orticola di Lombardia, un rampicante dall’aspetto selvatico, leggero e insieme vigoroso, con un bel fogliame che ricorda le felci e piccoli fiori bianchi. Indagando ho trovato che poteva trattarsi di Cardiospermum halicacabum o di C. grandiflorum, due specie decidua orginarie dell’America tropicale, ormai ampiamente diffusa nelle zone tropicali e subtropicali di Africa, Australia e India, dove sono considerate invasive, ed entrambe presenti nel Palermitano.
Ebbene due settimane fa una cara amica giardiniera, Caroline Salomon (fondatrice dell’associazione Arte in Orto e proprietaria del bel giardino, visitabile, di Villa Arnò ad Albinea, Reggio Emilia) mi ha regalato alcuni semi di C. halicacabum, raccomandandomelo come facile e curioso rampicante adatto anche ai miei vasi.
Soprannominato “pianta a palloncino”, “piccola liana palloncino” e “amore in un soffio”, Cardiospermum halicacabum nei climi tropicali raggiunge, pare, gli 8 metri di altezza e oltre, con tralci sottili, tendrilli lunghi anche 2 metri, un bel fogliame composto da tre foglioline a loro volta trifogliate, dalla lamina a forma di triangolo o rombo stretto e allungato, finemente pubescenti o quasi grlabre, con margini dentati o labati, verde chiaro brillante, e una fioritura estivo-autunnale (in genere da luglio a settembre-ottobre) che ho visto: poco appariscente, formata da corolle bianche, graziose ma minuscole, in racemi radi e penduli. Ma la sua vera bellezza, ho letto e Caroline mi ha cofermato, consiste nei frutti: grosse capsule membranose tonde e rigonfie come palloncini, verde acido e poi un poco arrossati a maturità, contenenti tre semi ciascuno. Semi molto particolari: grandi come grani di pepe, marrone tanto scuro da apparire neri, presentano una macchiolina chiara a forma di cuore stilizzato. *È l’ilo, ovvero l’area basale dell’ovulo, mediante la quale questo aderisce al funicolo che lo sostiene, nonché della cicatrice che si viene a formare, in sua corrispondenza, sulla superficie del seme quando questo, una volta maturo, si stacca dal suo supporto.
Nel frattempo ho scoperto che questo rampicante tanto particolare ha importanti proprietà medicamentose – antiflogistiche, antinfiammatorie, antiallergiche e antipruriginose – per le quali le sue parti fresche sono utilizzate in preparazioni farmaceutiche, sotto forma di pomate e tinture madri. In Aisia sudorientale è utilizzato anche come diuretico, antipiretico e purgativo e viene mangiato cotto, mentre gli steli sono intrecciati per costruire cestini e i semi utilizzati come perline o pressati per ricavarne un olio commestibile.
Le è però molto affine Cardiospermum grandiflorum, anch’essa orginaria dell’America tropicale (Brasile e Argentina), diffusa in varie zone tropicali e subtropicali e altrettanto presente nel Palermitano, anch’essa soprannominata “pianta palloncina” ma “liana palloncino”: presenta però foglie più ampie, steli fittamente pubescenti, fiori più grandi, profumati, riuniti in grappoletti più ricchi, caspule sempre membranose, verde acido, ma appuntite. La macchia dei semi, inoltre, è a forma di rene (accidenti non li ho osservati dal vivo!).
Di conseguenza sono arrivata alla conclusione che le piante viste nel giardino palermitano appartengano a C. grandiflorum, anche se i fiori mi fanno un po’ pensare, ma purtroppo le fotografie e le informazioni sul web sono spesso contradditorie, ma spero di essere riuscita a fare chiarezza fra le due. Per non parlare delle varie app di riconoscimento delle piante, da quanto ho potuto vedere fuorvianti, perlomeno nella maggior parte dei casi e sicuramente in questo. Voi cosa ne pensate, delle due specie e delle app?
Appartenenti alla famiglia delle Saponifere (così chiamate perchè, contenendo saponine, se mescolate ad acqua provocano schiuma), entrambe le specie nei climi caldi tendono a diventare invasive, poiché si disseminano con molta facilità, ma in quelli freddi (non dovrebbero sopravvivere a temperature inferiori agli zero gradi) si comportano come annuali a rapida crescita. Basta interrarne i semi a primavera per vederle crescere in fretta e attorcigliarsi ai supporti: in vaso, quale è il mio caso, lo si può fare direttamente a dimora, come mi ha assicurato Caroline a proposito di C. halicacabum.Desiderano terreni freschi ma ben drenati, a reazione subacida-neutra, al sole o mezz’ombra e non richiedono praticamente manutenzione: basta bagnarli, seguirne un po’ la crescita durante l’estate e poi eliminarne la vegetazione secca una volta sopraggiunto il freddo.
Ad aprile proverò a seminare sia i semi di Caroline (di C. halicacabum), sia quelli raccolti da un amico nel giardino di Palermo (che dovrebbero appartenere a C. grandiflorum) e staremo a vedere se è realmente così.
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