Storia del topolino di montagna, salvato nella neve

Guardate quanto è tenero il topolino protagonista di queste foto…Piccolo e così morbido, sapete?, con minuscole zampine rosa, occhietti neri come capocchie di spillo e orecchie molto piccole, arrotondate, quasi nascoste dalla pelliccia. L’abbiamo incontrato, i cani ed io, l’altro giorno, durante una passeggiata in montagna, a 1800 metri di altitudine. Camminavamo lungo il comodo sentiero che collega Samaden e Celerina, in Alta Engadina, quando la mia nuova cagnina Ella (è arrivata un mese e mezzo da da un canile di Marsala, dopo varie vicessitudini) infila il musino fra la neve, in un punto lungo il bordo, facendo scappare verso di me una creaturina pelosa: il topolino, appunto. Da dove era saltato fuori? Ho fermato i cani, che cercavano di prenderlo, e siccome l’ho visto andare avanti e indietro lungo il sentiero senza ritrovare la strada di casa, quale essa fosse, li ho legati a un palo e sono andata a cercarlo, temendo che altrimenti il freddo della notte lo avrebbe ucciso: ed eccolo li, tutto rannicchiato su sè stesso, nella neve. Sono riuscita ad acchiapparlo, con l’aiuto della sciarpa, non senza essermi beccato un morsetto su un dito: mamma mia, che carino, con la sua codina lunga e la morbidissima pelliccia. L’ho portato un po’ più là, sulla collinetta di St. Gian, che offriva una vasta zona a prato libera dalla neve e lì l’ho deposto. Il topino ha esitato un po’, poi piano piano sono riuscita a indirizzarlo verso un buco fra l’erba secca, accanto al muro esterno che circonda la chiesa, e lì si è infilato. Missione compiuta, o almeno spero.

Ma chi è dunque questo topino avventato, che si è avventurato fuori nella neve nel pieno dell’inverno? Essendo piuttosto ignorante di materia e in assenza di un libro sull’argomento (sempre la fonte migliore di informazioni sicure, i libri intendo), ho dovuto navigare un bel po’ su internet, prima di riuscire, forse, a individuarne la specie: dovrebbe trattarsi di Microtus arvalis, il cosiddetto topo campagnolo comune o arvicola campestre. Leggo sulla benedetta Wikipedia che, con 16 sottospecie, è diffuso in tutta l’Eurasia, Inghilterra esclusa. In Italia abbiamo la sottospecie  M. arvalis rufescentefuscus diffusa nel Triveneto e nel Ferrarese. Potrebbe essere confuso con l’affine Microtus agrestis, ma quest’ultimo ha le orecchie più grandi e ben visibili, perché sporgono dalla pelliccia, oltre ad altre caratteristiche inerenti cranio e denti. Tuttavia, sarei più propensa a pensare, data l’altitudine, che topino in questione sia Mictrotus nivalis, l’arvicola delle nevi, che vive nelle zone di alta montagna in Europa e Asia Centrale, al di sopra della fascia climatica degli alberi, in sottosuoli pietrosi, nelle praterie di alta quota, nei cespuglieti e nei boschi non troppo fitti, ma non sempre: in alcune regioni della Francia meridionale, per esempio, vive anche a quote più basse, in zone ricche di foreste. Solo che, da quanto ho letto, divrebbe essere di dimensioni maggiori rispetto a M. arvalis e al tipino che ho incontrato, davvero piccino. Non ho trovato per ora notizie sulla o sulle specie che abitano l’Engadina, quindi non ne sono venuta a capo. Qualcuno di vuoi può aiutarmi a risolvere questo dubbio?

In ogni caso, che si tratti di una o dell’altra, questi topini sono mammiferi roditori appartenenti alla famiglia dei Cricetidi. Sono vegetariani: si nutrono di fiori, parti di arbusti, cortecce e mirtilli. Scavano gallerie molto estese, a 40-60 centimetri di profondità, dove fanno il loro nidi, imbottiti di erbe secche e pelo. Durante l’inverno M. arvalis entra in letargo ma  interrotto e appena la temperatura si fa più mite, si sveglia e mangia parte delle sue provviste, mentre Mictrotus nivalis non va in letargo. Che appartenga a una o all’altra, il topolino che ho incontrato, uscendo all’aperto ha rischiato davvero grosso..spero di averlo salvato dal gelo della notte. Poi è vero che, entrambe possono dare fastidi, in particolare M. arvalis che è molto prolifica (anche se, in caso di sovrapopolamento si autolimitano perchè vanno in deperimento), ma a me non importa e sono felice di aver dato, spero, alla creaturina in questione per caso una possibilità di sopravvivenza. Spero solo che se la sia cavata.

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