Ditemi, come si fa a resistere ai mughetti? Timidi, profumatissimi piccoli fiori diffusi nei boschi luminosi, nei prati alpini e nei vecchi giardini romantici, portano tuttavia un nome botanico, Convallaria majalis, che non rende affatto giustizia alla loro grazia, perlomeno a parer mio. Questi botanici! Convallaria deriva dal precedente nome latino attribuito loro, Lilium convallium, ovvero giglio delle valli, tradotto in inglese in lily-of-the-valley, termine ancora utilizzato (e molto carino); majalis, ovvero di maggio, per indicare il mese caratteristico della sua fioritura, senza niente a che vedere con maiali e porcellini….
Quest’anno però, come molte altre piante, i mughetti sono in forte anticipo: iniziano infatti già ora, a metà aprile, a sbocciare nei giardini, nei vivai (come in quello di Roberto Baradel) e già da una settimana se ne trovano i primi mazzetti in vendita nelle bancarelle e talvolta dai fruttivendoli. Buona notizia, non provengono dall’Olanda, bensì sono di produzione italiana locale.
Storie, leggende, usanze, significati del mughetto. Come ho letto nel sito Acta Plantarum (che vi consiglio di frequentare), nell’antichità i Lapponi dedicarono il mughetto a Ostara, dea dell’aurora (ancora oggi è il fiore simbolo della Finlandia). I Romani lo avevano invece dedicato Mercurio, attribuendo al suo intenso profumo la capacità di rinforzare il cervello e la memoria. Una leggenda cristiana vuole invece che i mughetti siano spuntati dalle lacrime della Madonna sparse a terra ai piedi della croce; una russa, che siano nati dalle lacrime della regina del fiume Volhov, la bella Ljubava, tradita dall’innamorato; sempre in Russia si racconta ancora oggi ai bambini che nei piccoli fiori abitino gli gnomi della foresta. Molto amato dalla zarina Aleksandra, moglie dello zar Nicola II (siamo fra la fine dell’Ottocento e il 1918), il mughetto venne più volte rappresentato dal celebre gioiellere di corte Peter Carl Fabergé nelle sua meravigliose Uova Imperiali.
In Francia, dove era ed è ancora chiamato muguet, che significa profumato di muschio, è usanza indossarne e regalarne un mazzolino per il Primo Maggio, giorno della Festa del Lavoro. In realtà si tratta di una tradizione molto antica. Per i Celti, infatti, il primo maggio rappresentava l’inizio della prima metà del loro anno; come tale, in Francia, divenne la data in cui i marinai mettevano in acqua le loro barche dopo l’inverno e, nel Medioevo, l’inizio del mese dei fidanzamenti, finché, nel Rinascimento, il primo maggio del 1561 il re Carlo IX iniziò la tradizione di regalarne un rametto alle persone amate come buona fortuna, simbolo del ritorno della primavera dopo i rigori dell’inverno. In virtù del suo intenso profumo, sempre in Francia, i giovani uomini raffinati presero l’abitudine di indossarlo, tanto che muguet e la traduzione italiana di mugherino (attribuita anche a Jasminum sambac) divennero termini un poco dispregiativi per indicare i “damerini”. In seguito, dopo che, dal 1889 il 1° maggio è diventato universalmente il Giorno della Festa del Lavoro, l’abitudine di regare mazzolini di mughetti per questa data venne associata a questa festività: anche in Italia, perlomeno fino ad alcuni anni fa, nei giorni precedenti si incontravano per la strada venditori di mughetti perlopiù raccolti nei boschi (mentre, all’inizio della primavera, vendevano narcisi e violette). Fiorai e bancarelle offrono i mughetti ancora oggi, seppure sempre più raramente, perché sono fiori che durano poco.
In Inghilterra, infine, si usa dire che l’usignolo aspetti le fioriture dei primi mughetto del bosco per cominciare la stagione degli amori.
Nel linguaggio dei fiori il mughetto è quindi simbolo della verginità, dell’innocenza, del ritorno della felicità, della buona fortuna, ma anche della civetteria.
Un po’ di botanica. Diffuso in Europa, Nord America e Asia, Convallaria majalis ha rizomi (fusti sotterranei) sottili e ramificati, che corrono piuttosto superficiali, nei terreni freschi e organici, dai quali spuntano in primavera prima le foglie, basali, ovate-lanceolate, di un bel verde intenso, e poi, in teoria in maggio, gli steli fiorali, delicatamente arcuati, alti 20 cm, da cui pendono numerose piccole campanelle bianche. Ai fiori seguono bacche rosse, grandi come piselli, tossiche.
Attenzione, infatti: tutta la pianta, escluso il rizoma, è velenosa e lo diventa pure l’acqua del vaso che ne ospita i mazzolini. State attenti, perciò, in caso abbiate bimbi piccoli e animali che tendono a mangiarvi foglie e fiori.
Della specie classica esistono alcune varietà, non facili da trovare in Italia, tra cui: C. majalis rosea, dalle corolle rosa; ‘Albostriata’, magnifica per le foglie solcate da nervature crema; ‘Flore Pleno’, a fiore doppio; ‘Fortin’s Giant’, vecchia, magnifica varietà, più vigorosa della specie tipica, ha foglie e fiori più grandi e spighe doppie; ‘Prolificans’, molto più fiorifero, grazie agli steli ramificati, ‘Blush’, foglie verde giallo e fiori sfumati di fosa, ‘Hofheim’, dalle foglie leggermente bordate di giallo, ‘Fernwood”s Golden Slippers’, a foglia verde molto chiaro.
Dove trovarle? Tutte quelle citate e altre ancora in Inghilterrra, da Avon Bulbs e Pottertons Nursery. In Italia in parte da Roberto Baradel, Zanelli, Raziel , Floriana Bulbose.
Come si coltiva: il mughetto è meraviglioso da naturalizzare nei terreni fertili e ombrosi, ma può diventare capriccioso se non trova le condizioni a lui gradite; inoltre, è sensibile a maculature fogliari, muffa grigia, ruggine, afidi e defogliatori. Le sue richieste? Ombra (anche mezz’ombra, ma solo quando si è già bene insediato), terreno ricco di humus, fresco ma ben drenato. I rizomi si mettono a dimora in ottobre, a 3-5 cm, di profondità e 10 cm di distanza minima. I mughetti non amano essere disturbati, ma se proprio dovete (al che beati voi, perché significa che ne avete tanti), dividete i rizomi in autunno; oppure moltiplicateli per seme in marzo, sapendo però che fiorisce solo dal terzo anno di età.
Mi duole ammettere a questo punto ammettere un mio fallimento: sono anni che provo a trapiantare qualche pianta di mughetto in una fioriera ombrosa sul mio terrazzino, ma non c’è niente da fare, checchè ne dica l’amico Roberto Baradel, che l’anno scorso me ne ha pure regalate tre, non ne vogliono sapere di attecchire.
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