Il colchico d’autunno

Già a metà agosto i prati e i pascoli di montagna  sono punteggiati da tanti piccoli fiori rosa-violetto: sono i colchici d’autunno, o falsi zafferani (Colchicum autumnale), bulbose appartenenti alla famiglia delle Liliaceae.

Alto 10-12 centimetri circa, Colchicum autumnale è dotato di un grosso cormo (non un bulbo), dal quale sbocciano i fiori, prima della comparsa delle foglie, anche in assenza di acqua e di terra. I fiori, solitamente a sei tepali, hanno base tubolosa, sottile e allungata, e apice leggermente globoso, che si apre a stella, rivrlando sei stami arancio.  Le foglie, molto lunghe, verde vivo, si aprono dopo la fioritura e perdurano fino alla tarda primavera successiva.

Specie europea presente in tutte le nostre regioni settentrionali, in Toscana e in Sardegna, per la precisione Colchicum autumnale) cresce nei prati falciati umidi, nelle radure e nei boschi molto aperti, tipicamente su terreni argillosi, profondi, ricchi in humus, freschi, leggermente acidi, fino a 2100 metri di altitudine, e fiorisce in agosto e settembre.

Ma attenzione: per quanto graziosa, è una pianta molto velenosa e in tutte le sue parti, ma soprattutto nei semi e nel bulbo, perché contiene colchicina. Il nome del genere deriva infatta dalla Colchide, antica regione del Mar Nero  oggi corrispondente alla Georgia, dove abitava la maga Medea, abile nel creare pozioni velenose.

Nulla vieta di coltivarla, però, in piena terra e anche in vaso, poiché è molto facile e rustica.

Come si coltiva. I cormi vanno messi a dimora all’inizio di settembre, al sole o in mezz’ombra: in giardino, disponeteli in piccoli gruppi irregolari, alla distanza fra uno e l’altro cormo uguale al loro diametro (in altre parole uno si, uno no), e a circa 20 centimetri di profondità; in vaso, in una ciotola profonda 30 centimetri: diponeteli su 10 centimetri di terra e poi coprite con altro terriccio.

Alla messa a dimora e negli anni successivi in settembre, concimate con letame pellettato o con un concime chimico completo a lento rilascio; in vaso, in febbraio-marzo somministrate due o tre volte un fertilizzante liquido per piante fiorite. Bagnate se non piove, fino a quando le foglie sono ingiallite.

Nell’inverno, solo in caso di temperature molto basse, senza neve, proteggere le foglie temporaneamente con una pacciamatura con foglie secche o paglia.

In giardino non occorre altro, perché si naturalizzano di buone grado e in genere non occorre dividerli, perché si regolano da sè (anche se talvolta non rifioriscono ogni anno). In vaso, togliete le foglie appassite e lasciate i cormi  indisturbati, senza bagnarli. Da fine agosto annaffiateli bene ogni 10 giorni circa. Ogni tre anni vanno invece divisi.

Come si dividono. I colchici sono poco prolifici (ecco perché sono più costosi di altre bulbose): alla fine della stagione vegetativa, il vecchio cormo raggrinzisce e muore, ma intento se ne sono formati due nuovi, uno  grande e uno laterale piccolo. Estraete la pianta, pulite i cormi, eliminate quelli vecchi e raggrinziti e ripiantate i nuovi suddividendoli in due vasi.

Cultivar e dove trovarle. Del colchico d’autunno sono state selezionate alcune belle cultivar, come ‘Alboplenum’, a fiore doppio bianco; ‘Pleniflorum’, a fiore doppio rosa scuro; ‘Album’ dalla corolla semplice, panciuta, bianco puro. Ma vi sono anche altre specie e loro varietà a fioritura autunnale, come Colchicum bornmuelleri, a fiore semplice grande, lilla scuro, alto 20 centimetri. Colchicum byzantinum, che presenta fiori semplici, ampi, rosa chiaro, alti 15 centimetri e Colchicum cilicium ‘Purpureum’: fiori semplici, rosa  porpora in varie sfumature, alti 10-12 centimetri. Le trovate, assieme a molte altre da Floriana Bulbose: affrettatevi a ordinarle!

Un po’ di botanica: la differenza fra bulbo e cormo.

In botanica, le bulbose sono definite “geofite“, ovvero  piante dotate di organi sotterranei, ricchi di sostanze di riserva: ingrossati e variamente modificati, sono veri e propri serbatoi di energia che ne sostengono la crescita nei primi periodi.

Il termine “bulbose“, per quanto utilizzato in generale per tutte, dal punto di vista botanico è corretto soltanto per quelle specie dotate di “bulbo“ vero e proprio, cioè per meno della metà di quelle esistenti. Le altre hanno infatti differenziato organi di riserva sotterranei simili per funzionalità, ma  diversi per conformazione e fisiologia, vale a dire cormi, tuberi, rizomi, radici tuberose.

In particolare, i bulbi veri e propri, di cui la cipolla (Allium cepa), è forse l’esempio più noto, sono di fatto piante in miniatura, sebbene modificate e compresse in piccole strutture che stanno sottoterra. Ovali o a forma di pera, di varie dimensioni, i bulbi contengono un fusto raccorciato (disco o girello), foglie carnose (catafilli), strettamente avvolti su una gemma centrale, dalla quale si svilupperanno fusto, foglie e radici. I bulbi non sono tutti uguali: quelli “tunicati“, come nei tulipani e giacinti, sono protetti da una pellicina secca e bruna, la “tunica“, formata dalle foglie esterne modificate; quelli “squamosi“, come i gigli,  sono invece costituiti da foglie che hanno assunto l’aspetto di squame o scaglie triangolari ispessite, disposte a mo’ di tegole le une sulle altre. Essendo privi di rivestimento esterno, i bulbi squamosi sono delicatissimi: si disidratano con facilità e basta toccarli qualche volta di troppo per danneggiarli irrimediabilmente.

Per quanto esteriormente più o meno simili ai bulbi, i cormi sono profondamente diversi: di forma arrotondata o appiattita, sono infatti  costituiti da fusti sotterranei ingrossati (e non da piante intere come i bulbi). Protetti da un rivestimento (tunica) papiraceo o fibroso, presentano nella parte superiore, al centro, una o due gemme, da cui si forma la parte aerea, e in quella inferiore un fusto accorciato (disco basale), ricco di sostanze nutritive, da cui spuntano le radici. Le sostanze nutritive sono dunque contenute nel fusto sotterraneo e non nei catafilli come nel bulbo, mentre la tunica è costituita dalla parte inferiore delle foglie prodotte nella stagione precedente, ormai secche, e non dalle foglie stesse modificate, come nei bulbi tunicati.

 

 

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