Narcissus poeticus, il narciso dei poeti

È stato l’ultimo narciso a fiorire sul mio ballatoio, e curiosamente prima è fiorito il bulbo piantato in un vaso in mezz’ombra, alzando le corolle eleganti e timide al di sopra delle foglie profumate della menta, poi altri insierit invece i vasi più esposti al sole. È Narcissus poeticus, chiamato “narciso selvatico“, ma anche “narciso dei poeti“, per la grazia dei suoi fiori e per l’essere stato celebrato fin dall’antichità nell’arte, nella letteratura e nella poesia e in tante culture diverse. Più genericamente, viene indicato come “giunchiglia”, in inglese daffodil, appellativi riferiti però anche ad altre specie selvatiche europee.

Indigeno in tutta l’Europa meridionale, Narcissus poeticus cresce tutta Italia, Sicilia e Sardegna escluse, nelle zone subalpine e montane, fra i 400 e i 1600 metri di altitudine, nei prati fertili e freschi, sui pendii ombrosi ma talvolta anche assolati, di tipo calcareo o misto, dove fiorisce da inizio marzo a fine maggio. Solitarie, sorrette da steli alti 15-30 centimetri, le corolle sono composte da sei tepali bianchi, ovali e appuntiti, e da una coroncina (la paracorolla) alta pochi millimetri, con margini ondulati, gialla alla base e bordata di rosso. I fiori sono profumatissimi, tanto che questa specie è coltivata in Francia e Olanda per estrarne un olio molto pregiato. Dal bulbo nascono 3-5 foglie, allungate e strette, piuttosto carnose, verde-azzurro.

In Italiasono state identificate tre sottospecie, molto simili: fra loro Narcissus poeticus subsp. poeticus: ha tepali stretti e cresce sui prati, nei pascoli montani e nelle boscaglie da 600 a 1600 metri, in particolare sulle Alpi Piemontesi, in Liguria e sull’Appennino fino alla Sila, fiorendo da aprile a maggio.

Narcissus poeticus subsp. radiiflorus: da alcuni considerato specie a sé stante, ha tepali più ampi; cresce nei prati aridi montani, sui pendii rupestri e nelle boscaglie, a 300-1500 metri di altidune, sui versanti meridionali delle Alpi, dal Carso Triestino al Piemonte, sui Colli Euganei e in Liguria ,e fiorisce tra aprile e maggio.

Narcissus poeticus subsp. verbanensis, sin.Narcissus angustifolius: tepali più ampi, diffuso in tutta Italia, Isole escluse, a 400-1600 metri di altitudine.

Narcissus poetico (ph Préservons la Nature)

Un tempo Narcissus poeticus era davvero molto diffuso e lo si trovava sui prati montani in ampie e odorose colonie: purtroppo l’abitudine di raccoglielo in gran quantità, così come altri narcisi selvatici, durante le cosiddette “narcisate”, lo ha reso oggi una specie vulnerabile. Per fortuna è protetto, con divieto assoluto di raccolta, in molte zone italiane (per esempio nelle province di Varese e Genova). Se volete andare ad ammirarlo ancora in grandi, emozianti distese, andate a camminare – restrizioni permettendo – nel  Parco Regionale Naturale dell’Antola, nell’entroterra di Genova, un’area protetta meravigliosa, ricchissima di ambienti naturali (valli e vette panoramiche, boschi, pascoli e radure, versanti rocciosi a strapiombo, corsi e bacini ricchi d’acqua), nella quale nel corso delle stagioni si susseguono tante fioriture: narcisi, poi arnica, botton d’oro, maggiociondoli e altro ancora.

Narcissus poeticus (ph. dal web)

Innumerevoli le rappresentazioni pittoriche e letterarie di Narcissus poeticus e altri narcisi selvatici. Nella mitologia greco-romana i narcisi sono associati alla gioventù, resa eterna dalla morte: Narciso, lo splendido giovinetto che, innamorato perso della propria immagine, casca e annega in uno stagno, viene trasformato dagli dei in questi fiori, mentre la dea Persefone viene strappata alla terra e condotta negli Inferi da Ade, proprio mentre li raccoglie e da allora crescono nei prati dell’Oltretomba.

In particolare, i narcisi selvatici sono stati ampiamente celebrati dai poeti inglesi, fra cui il romantico William Wordsworth, nella sua celebre  Daffodils/Le giunchiglie, scritta nel 1804 e pubblicata per la prima volta nel  1807 nella raccolta Poems in Two Volumes:

I wandered lonely as a cloud
that floats on high o’er vales and hills,
when all at once I saw a crowd,
a host, of golden daffodils;
beside the lake, beneath the trees,
fluttering and dancing in the breeze.
Continuous as the stars that shine
And twinkle on the milky way,
They stretched in never-ending line
Along the margin of a bay:
Ten thousand saw I at a glance,
Tossing their heads in sprightly dance.
The waves beside them danced; but they
Out-did the sparkling waves in glee:
A poet could not but be gay,
In such a jocund company.
I gazed – and gazed – but little thought
What wealth the show to me had brought:
For oft, when on my couch I lie
In vacant or in pensive mood,
They flash upon that inward eye
Which is the bliss of solitude;
And then my heart with pleasure fills,
And dances with the daffodils.

 

In Italiano:
Vagavo solitario come una nuvola
che fluttua in alto sopra valli e colline,
quando all’improvviso vidi una folla,
un mare, di giunchiglie dorate;
vicino al lago, sotto gli alberi,
tremolanti e danzanti nella brezza.
Intermittenti come stelle che brillano
e luccicano nella Via Lattea,
si estendevano in una linea infinita
lungo il margine della baia:
con uno sguardo ne vidi diecimila,
che scuotevano il capo danzando briose.
Le onde accanto a loro danzavano; ma esse
superavano in gioia le luccicanti onde:
un poeta non poteva che esser felice,
in una tale compagnia gioiosa.
Osservavo – e osservavo – ma non pensavo
a quanto benessere un tale spettacolo mi avesse donato:
poiché spesso, quando mi sdraio sul mio divano
in uno stato d’animo ozioso o pensieroso,
esse appaiono davanti a quell’occhio interiore
che è la beatitudine della solitudine;
e allora il mio cuore si riempie di piacere,
e danza con le giunchiglie.

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